Il mistero di via Belle a Ragusa e la scomparsa di Maria Di Martino “Fu omicidio volontario aggravato”: definitivi 16 anni di carcere per il genero

La condanna diventa definitiva: Giuseppe Maurici dovrà scontare per l’omicidio aggravato della suocera, 16 anni di carcere.  Era il 22 febbraio del 2005 quando una donna, Maria Di Martino 79 anni, scomparve nel nulla. Un mistero perché della donna non si trovò più alcuna traccia né venne ritrovato il corpo. L’anziana non avrebbe potuto allontanarsi da sola, non riusciva a camminare; per farlo aveva bisogno di un bastone e di una persona accanto. Una complessa attività di indagine condotta dalla Squadra mobile di Ragusa assieme ai tecnici della Scientifica e al nucleo cinofili permise di evidenziare una serie di indizi che confluivano tutti sul genero della donna, Giuseppe Maurici.

Il movente

Il movente, secondo l’impianto indiziario che ha portato alla condanna dell’uomo in tutti i gradi di giudizio, sarebbe da ricercarsi nei soldi. Da un libretto di risparmio intestato alla anziana e su cui aveva la delega ad operare anche il genero, il giorno prima della scomparsa della donna, Maurici avrebbe prelevato 46.000 euro in contanti. Nel corso dei processi, l’alibi fornito da Maurici che era rappresentato dagli avvocati Gino Ioppolo e Franco Ruggeri, non avrebbe retto. La figlia e i nipoti dell’anziana si sono costituiti parte civile attraverso gli avvocati Enrico Trantino e Fabrizio Cavallo.  

Le indagini

Una attenta ricostruzione degli inquirenti in cui sarebbe rientrata una complessa analisi degli agganci alle celle telefoniche oltre che gli esiti di intercettazioni che avrebbe smentito l’alibi fornito da Maurici. L’uomo sarebbe stato ad un certo punto delle indagini, ‘avvisato’ da un ‘amico’ della presenza di ‘cimici’ per le intercettazioni ambientali, all’interno della sua macchina. L’attività di indagine riprese vigore nel 2015; a dieci anni dalla scomparsa dell’anziana, vennero riavviate le ricerche in un fondo agricolo a Santa Croce Camerina di proprietà di Maurici. Ma lì attività investigativa non portò al rinvenimento di tracce significative nel terreno e nella struttura di una casa in costruzione su quel fondo.

La condanna Nell’ultimo pronunciamento, la Corte di Assise di Appello di Catania aveva riqualificato il reato da omicidio preterintenzionale a omicidio volontario aggravato dal fatto l’uomo aveva ucciso una parente acquisita. L’epilogo – e la conclusione giudiziaria della vicenda -, si è consumato martedì 26 settembre:  la Cassazione  ha rigettato il accolto il ricorso presentato su quest’ultima sentenza, rendendo la pena definitiva.

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it