“IL MARE D’INVERNO”: INCONTRO CON CLARA CALÍ

«Nei miei dipinti che raffigurano il mare, trovo molto spesso serenità, o alcune volte turbamento, a seconda del mio stato d’animo. Di sicuro il mare mi attira molto, amo osservarlo, anche se a volte, soprattutto d’inverno, vi trovo qualcosa di irreale. “Il mare d’inverno” l’ho dipinto così com’è, con i suoi movimenti e con i suoi colori».

Quello di stamattina allo spazio espositivo “Il Chiodo” di Ragusa è stato un incontro che, per un’aspirante giornalista come me, sarà impossibile dimenticare, perché è uno di quegli incontri che ti segnano e ti fanno riflettere su come affrontare il mondo, le persone, le loro sfumature, i loro perché. Clara Calì, la cui personale in mostra fino al 20 maggio è stata organizzata da Amedeo Fusco, è un’artista che spicca di sensibilità e dietro le sue opere c’è tutto un mondo di emozioni, di motivazioni e di sensazioni che è difficile spiegare a parole. L’arte di Clara Calì, così come i suoi occhi, merita di essere osservata con attenzione e senza giudizi affrettati: se ne trarrà un mare di emozioni. Davanti ai suoi quadri non si può non soffermarsi, non si può non lasciarsi richiamare da quel “non-so-che”, ben conosciuto da chi ha a che fare con l’arte o da chi, semplicemente, è un osservatore sensibile. «L’arte è per me una necessità, un bisogno che sento dentro fin da piccola, quando ho iniziato a dipingere. La mia ispirazione viene dalle mie numerose letture di libri e fiabe, dai ricordi, dall’infanzia e soprattutto dalla natura, dall’osservazione: sono stata educata a guardare, ad osservare. Da piccola disegnavo di continuo e con l’approdo alla pittura, nella maturità, continuo a trasporre le mie emozioni sulla tela». Clara Calì si emoziona osservando il delicato posarsi di una farfalla su un petalo, oppure un tramonto sul mare, le sfumature della schiuma sulle onde. E solo un animo sensibile può farlo: «La sensibilità è un’arma a doppio taglio: chi è sensibile assorbe come una spugna tutto ciò che agli altri, invece, scivola e molte volte soffre di più. A chi viene a vedere le mie opere, io consiglio semplicemente di “guardare”. Saranno i quadri stessi, alcuni più, altri meno, a parlare a chi li osserva, ad attirarli a sé. Quando dipingo io “esplodo”, non mi sdoppio, rimango me stessa con tutte le mie emozioni e le mie necessità comunicative ed espressive, con tutta la mia trasparenza e la mia impossibilità di fingere». Le parole di Claudia Calì mi hanno riportato per un attimo fra i banchi del liceo, quando si parlava del Romanticismo e di quel fatidico “non-so-che” di impossibile definizione che smuove l’animo dell’artista.

La personale di Clara Calì sta avendo un grande riscontro di pubblico, grazie anche alla splendida organizzazione di Amedeo Fusco, che ha creato uno spazio espositivo in cui si respira emozione e cultura: «Sono contenta perché le persone che sono venute a vedere la mostra si sono soffermate davanti ai miei quadri, ne hanno parlato, mi hanno fatto domande, sono ritornate. Amedeo mi ha incoraggiato, ha trovato in me delle qualità che mi hanno spinto a lavorare sempre di più coltivando la mia grande passione, o meglio la mia necessità di dipingere. Personalmente, punto sempre a migliorarmi, nell’arte non ci si può mai considerare arrivati». 

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