IL DISCORSO AMOROSO

Chi mi segue sa del mio amore per Roland Barthes, questo sensibile, acuto, romantico collezionista di schegge del linguaggio che seminò il suo genio in alcuni dei testi chiave dello strutturalismo francese. Linguista, semiologo, critico letterario, persino polemista (con garbo) impegnato nella giungla dei miti della cultura borghese , ha segnato indelebilmente la cultura contemporanea con alcune opere seminali quali “Miti d’oggi” e – soprattutto – “Frammenti di un discorso amoroso”.

L’idea originale di quest’ultimo lavoro è quella di raccogliere, secondo una scansione per fuochi tematici, spunti, citazioni e luoghi della letteratura (ma anche delle scienze umane) che ha trattato il “discorso dell’amore”, quella particolare declinazione del linguaggio nella quale si incontrano (e spesso si scontrano) due individui presi dallo scambio amoroso. 

Barthes incolla i frammenti, li fa interagire, cesella. E il suo discorso lievita, avvolge, ammalia. Chiunque si sia interrogato su cosa accada alla nostra funzione linguistica mentre siamo dentro all’esperienza dell’innamoramento, non può che trovare illuminante la sua scrittura, densa e traboccante ma anche lirica, delicata, sognante.

Indimenticabili le pagine dedicate ai capitoli “scabrosi” dell’amore. Suggestive quelle sull’attesa amorosa, da Barthes descritta come una sorta di rituale messinscena che ci da piacere nello stesso istante in cui ci da struggimento.

Il valore aggiunto del libro è dato poi dalla sua capacità di far trapelare, solo attraverso un artificio di scrittura, la sensualità che trasforma il linguaggio quando è caricato della funzione di raccontare, rappresentare, testimoniare la propria esperienza amorosa.

Una citazione su tutte basterà probabilmente a dare la misura del grado di vertigine intellettuale ed emozionale cui si può arrivare durante la lettura: riguarda la gelosia, uno dei topoi più abitati dell’amore. L’illuminazione improvvisa squarcia il velo dell’ottusità di cui si è fatalmente infettati mentre si è in preda ai demoni di quel sentimento. E con essa, una fatale e composta certezza: quella di essere abitati dal linguaggio, che illusoriamente pensiamo di usare, per i nostri scopi pratici:

“Come geloso, io soffro quattro volte: perché sono geloso, perché mi rimprovero di esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire l’altro, perché mi lascio soggiogare da una banalità: soffro di essere escluso, di essere aggressivo, di essere pazzo e di essere come tutti gli altri”.

Roland Barthes, Frammenti di un discorso amoroso, Einaudi Editore.

 

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it