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IL DIGIUNO IN TUTTE LE SUE FORME
10 Set 2015 15:30
Da qualche mese si sente parlare spesso di “digiuno intermittente” (o “Intermittent Fasting”, IF*), quale strumento per favorire il raggiungimento del peso ideale o ridurre la massa grassa. La vera potenzialità del digiuno periodico*, tuttavia, riguarda il ruolo che esso può giocare in termini di longevità e salute, come è emerso da studi di recente pubblicazione.
Prima di tutto, però, è doveroso chiarire cosa si intende per “digiuno” in questo contesto, onde evitare che chiunque improvvisi quello che invece è un vero e proprio protocollo, con una preparazione graduale e “regole” individuali da non sottovalutare.
Per definizione, si digiuna ogni volta che… non si mangia! Lo stile di vita moderno e molte diete, però, suggeriscono di “fare pasti piccoli e frequenti”, o “consumare almeno 5-6 pasti al giorno”, condizioni che tengono inevitabilmente impegnato il sistema digerente. Chi ha detto, però, che bisogna avere sempre qualcosa nello stomaco? L’organismo, a livello metabolico e cellulare, non va mica in stand-by quando si è a digiuno, anzi! Continua a lavorare e rigenerarsi ininterrottamente, e farlo senza dover badare anche alla digestione, beh, non è forse così male…
Generalmente, la colazione mattutina rappresenta il momento in cui si rompe il digiuno notturno (il termine inglese breakfast deriva infatti da “breaking the fast”, “rompere il digiuno”). In tale occasione, l’organismo esce da un periodo di digiuno che dura comunemente da 8 a 12 ore, riavviando tutti i processi metabolici come digestione e assorbimento, tanto più sollecitati quanto più frequentemente si mangia da quel momento per tutta la giornata. Il principio del digiuno periodico sta nel prolungare il periodo di tempo in cui ci si astiene dal consumare cibo, e durante il quale nell’organismo si attivano dei processi di rigenerazione cellulare che “funzionano meglio” proprio grazie allo stato di fasting. Se praticato correttamente, inoltre, l’IF può contribuire al miglioramento di parametri quali l’IGF-1, la glicemia, la trigliceridemia, la PCR (proteina C-reattiva) e altri. Altre conseguenze osservate in chi pratica l’IF con regolarità riguardano la riduzione del senso di fame e del desiderio di zuccheri e cibi spazzatura.
Vediamo, dunque, alcune varianti di digiuno intermittente, da qualche anno sempre più numerose. Le più in uso, alcune per moda, altre per facilità di applicazione, sono le seguenti:
1) Modello “Leangains” o 16:8: tradotto, 16 ore di digiuno, 8 ore di alimentazione. Questa è una forma di IF che è possibile praticare ogni giorno, mangiando 2-3 pasti in un arco di tempo di 8 ore (per esempio, tra le 10 e le 18, o tra le 13 e le 21), e digiunando per le altre 16. Per le donne, la proporzione è di 14 ore di digiuno e 10 di alimentazione. In questo modello, si consiglia inoltre di praticare attività fisica la mattina a digiuno, per favorire ulteriormente la riduzione di massa grassa. Si tratta di un protocollo piuttosto facile da seguire, che non richiede sacrifici estremi e aiuta a regolare il senso di fame senza “sbalzi”, in quanto effettivamente si mangia tutti i giorni. Per alcune persone, tuttavia, è difficile concentrare tutti i pasti in un arco di 8 ore.
2) Modelli di IF a giorni alterni: in questo caso, c’è chi consiglia di consumare solo 1 o 2 pasti a base di verdure e/o proteine magre (circa 400-600 kcal/giorno) per 2 -3 giorni a settimana, e negli altri 4-5 giorni mangiare normalmente (su cosa ogni modello intenda per “normalmente”, c’è da approfondire…). Ci sono diversi promotori e studiosi di questa forma di IF, dal creatore di “Eat Stop Eat”, Brad Pilon, al giornalista inglese Michael Mosley (autore del libro “The fast diet”), ai ricercatori Krista Varady (che in realtà propone una dieta in cui si mangia un giorno si e uno no, chiamata “The every other day diet”) e Luigi Fontana (che sta studiando gli effetti dell’IF anche in relazione alla longevità).
3) La “Warrior Diet”: è ispirata alla dieta dei guerrieri di una volta, e consiste in un digiuno (totale o quasi) di 20 ore, dopo il quale si mangia in una finestra di 4 ore, sempre di sera/notte. Parecchio restrittivo e condizionante per la maggior parte delle persone.
4) The “Alternate-Day Diet”: creata dal medico James Johnson, è simile all’Every Other Day Diet, con la differenza che nei giorni di digiuno non è obbligatorio digiunare al 100%, si può piuttosto “mangiare molto meno” rispetto ai giorni normali. Il rischio di questo modello, come di quelli simili, è che nei giorni “normali” si mangi più del dovuto, fino ad arrivare a eventuali abbuffate.
5) Digiuno personalizzato: prevede che si digiuni da 16 a 36 ore, una volta a settimana o un paio di volte al mese. Va adattato in base alle esigenze e agli obiettivi del singolo. Per chi si approccia all’IF, è il modo migliore per iniziare e adeguare il protocollo al proprio stile di vita.
6) La “Fast Mimicking Diet”: ossia “dieta mima-digiuno”, ideata dal ricercatore Valter Longo, che da anni studia gli effetti del digiuno sulla salute e sulla longevità. Di questa dieta parlerò in modo più approfondito in un prossimo articolo.
Non si può, dunque, fare un discorso univoco per tutte le forme di IF. Ovviamente, ci sono regole uguali per tutti, in primis la raccomandazione di bere molto durante le ore di non-alimentazione (acqua, the, tisane o caffè non zuccherati, brodo vegetale o di ossa), seguita dall’approccio graduale a periodi di digiuno prolungato, e precauzioni da prendere in presenza, per esempio, del flusso mestruale o di una gravidanza (fase in cui è bene astenersi dal digiuno). Altro aspetto da non sottovalutare riguarda l’alimentazione nei giorni normali, che NON deve compensare le ore di fasting, annullandone l’effetto e anzi peggiorando la situazione ormonale dell’organismo che, così, correrebbe il rischio di andare in tilt! Ancora, c’è chi suggerisce di abbinare all’IF forme ben precise di attività fisica, come l’HIIT (Esercizio Intermittente ad Alta Intensità), per massimizzarne gli effetti in termini di riduzione del tessuto adiposo viscerale e potenziamento della massa muscolare.
Del resto, chiunque voglia approcciarsi al digiuno, dovrà farlo con la guida di un nutrizionista, e non di testa propria, per evitare di trasformarne i benefici in danni per l’organismo.
Personalmente, ritengo che praticare il digiuno periodico abbia un potenziale soprattutto in termini di longevità e prevenzione di alcune patologie, e che aiuti a espandere la propria “flessibilità dietetica” in termini di abitudini alimentari, ma non che rappresenti la chiave per perdere peso. Occorre, quindi, considerarlo come uno stile di vita che possa contribuire alla buona salute e alla longevità, e non come un rigido protocollo dietetico.
di Wanda Rizza
* Nell’articolo, ho utilizzato i termini IF e digiuno periodico con la stessa accezione, ma nella pratica essi possono essere diversi.
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