IL DIGITALE, QUESTO SCONOSCIUTO

Severo il giudizio che viene fuori sull’analisi condotta dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico sul ‘Piano Nazionale Scuola Digitale’, lanciato nel 2007.

Il rapporto, commissionato dal Ministero per l’Istruzione, ha evidenziato diverse criticità, anche a fronte di sforzi enormi dell’istituzione. Su tutto un solo dato emerge per la sua gravità: con gli attuali ritmi di sviluppo, occorrerebbero almeno 15 anni per raggiungere i livelli di diffusione delle tecnologie informatiche che si registrano, attualmente, in Gran Bretagna, dove l’80% delle classi può contare su strumenti didattici informatici e digitali, mentre, da noi, si raggiunge, appena, il 14 %.

Attualmente la scuola italiana può vantare una copertura del 21% delle aule scolastiche fornite di lavagna multimediale, le LIM, con circa 70..000 installazioni che, si prevede, saranno incrementate di un altro 2% nel prossimo anno scolastico. Troppo evidente la lentezza con cui si prevede di omogeneizzare i livelli di digitalizzazione dell’istruzione. Basti pensare che sono solo 416 le classi e 14 le scuole che possono vantare la classificazione 2.0.

L’azione Cl@ssi 2.0 si propone di modificare gli ambienti di apprendimento attraverso un utilizzo costante e diffuso delle tecnologie a supporto della didattica quotidiana: alunni e docenti possono disporre di dispositivi tecnologici e device multimediali e le aule vengono progressivamente dotate di apparati per la connessione ad Internet.

Innegabilmente, come fa rilevare lo studio, il piano del Ministero è ambizioso e apprezzabile, ma si fa troppo poco se, in definitiva, il budget equivale allo 0,31 % del budget scuola e l’investimento risulta di appena 5 euro ad allievo.

Il Ministro Profumo, nel prendere atto dei risultati dell’indagine, ha lanciato la proposta di un ‘patto sociale fra scuole e famiglie’ per utilizzare al meglio le risorse. Sarebbe ormai acclarata l’impossibilità che la scuola possa fornire tutto, per cui viene ritenuta auspicabile la partecipazione delle famiglie che potrebbero, per esempio, fornire i tablet ai figli, mentre la scuola garantirebbe le infrastrutture per la connessione veloce, con reali possibilità di limitare le spese per i libri di testo.

Proveniente da un esponente di un governo sordo alle limitazioni delle spese militari, incapace solo dell’eliminazione delle province e della limitazione di tanti altri sprechi, la trovata del Ministro lascia abbastanza perplessi, soprattutto in un periodo di grave crisi che attanaglia le famiglie, e si inquadra nel più ampio contesto di inadeguate misure a sostegno dell’istruzione e della cultura.

Sono solo esibizioni retoriche e di propaganda che non vogliono affrontare il problema alla radice. Si può essere d’accordo con il Ministro a proposito della valutazione positiva rispetto al successo delle iscrizioni on.line, che hanno evidenziato come una elevata percentuale fosse in possesso dello strumento digitale, ma resta la realtà di una scuola ancora ancorata ad ataviche concezioni, laddove, attraverso le più fulgide espressioni del corpo docente e direttivo delle scuole, si assiste, ancora oggi, all’indegno tentativo di esorcizzare ogni utilizzo di moderne strumentazioni, che vengono colpevolmente additate a capro espiatorio dell’incapacità di mantenere la disciplina e suscitare l’interesse degli allievi.

Ma fino a ieri, chi si sente candidato a guidare la nazione, ha solo sfiorato, fra i punti programmatici, i provvedimenti indispensabili e urgenti per la scuola e la cultura.

 

 

 

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