IL “CELODURISMO” ALLA MARCHIONNE…

L’ultimo elemento del contendere riguarda l’ottemperanza al dettato della sentenza che ingiunge alla Fiat di assumere 145 dipendenti con tessera della FIOM in quanto palesemente discriminati nella riassunzione della manodopera per Nuova Fabbrica Italia di Pomigliano.

E’ destino che ogni manifestazione dell’A.D. di Fiat debba scatenare una polemica “globale” che riesce a coinvolgere mondo della politica, del sindacato, dell’economia, dell’industria etc. etc.

Vale la pena di riassumere l’antefatto: dopo la celebrazione del referendum contro il quale solo la FIOM si era schierata, la FIAT è uscita da Confindustria, ha operato 800 milioni di investimenti nella fabbrica di Pomigliano, e ha riassorbito parte della manodopera nella nuova società FABBRICA ITALIA chiamata a gestire lo stabilimento. Ebbene a conti fatti dei circa 5.000 operai precedentemente impiegati in quella fabbrica ne sono stati riassunti 2.093 e tra questi non figurava NESSUNO dei 382 operai che erano iscritti alla FIOM.

La FIOM ha prodotto in giudizio una perizia di un professore universitario di Birmingham che ha dimostrato che la probabilità statistica che un fenomeno del genere sia casuale è inferiore a 1 su 10/milioni.

 

Avete presente le pellicole che parlano della Sicilia del latifondo ( ad es. Placido Rizzotto, Baaria, Il Prefetto Mori) in cui c’è la scena classica del “campiere” che la sera arruola i braccianti in piazza escludendo quelli che si erano esposti nel rivendicare i diritti dei lavoratori o peggio ancora 2Le terre per i braccianti”?

Ebbene nella sostanza la FIAT del “grande” Marchionne ha fatto di peggio, non ha escluso solo i sindacalisti (cosa molto grave che l’avrebbe assimilata al “campiere”), ma addirittura tutti i lavoratori iscritti a un sindacato: un atto incredibilmente meschino prima ancora che gravemente discriminatorio!

 

In giudizio la FIAT è stata condannata per avere discriminato gli operai ad assumere una quota di tesserati FIOM pari alla percentuale di operai riassunti rispetto all’organico precedente (quantificata in 145 lavoratori).

 

Per tutta risposta la FIAT ha deciso che all’atto dell’assunzione degli operai iscritti alla FIOM metterà in mobilità un eguale numero di operai già assunti cominciando con il primo blocco di 19 operai: in pratica ha trasferito su altri lavoratori la “sanzione” che le è stata comminata dal giudice (ennesima figura meschina)!

 

Alla fine si raggiunge il risultato paradossale e grottesco che il giudice ha condannato la FIAT ma la pena la éspiano altri lavoratori già riassunti!

 

Per capire appieno la problematica è opportuno evidenziare due elementi:

1)gli accordi originari prevedevano il riassorbimento di tutti gli operai originariamente impiegati, se si volesse evitare quella che appare una “rappresaglia” sarebbe quindi sufficiente procedere all’assunzione degli operai FIOM nel corso del riassorbimento di nuova manodopera senza bisogno di mettere in mobilità operai già riassunti;

2)la FIAT è un colosso con 197.000 dipendenti è credibile che un’azienda di queste dimensioni non riesca ad assorbire 145 unità lavorative?

 

La FIAT e i suoi difensori ed invero se ne sono visti tanti sia in tv che sui giornali si appellano alla libertà d’impresa … ma cosa centra quanto è accaduto con la libertà di impresa? Libertà di impresa equivale a libertà di discriminazione?

 

La verità è che la FIAT di Marchionne appare in preda a un furore ideologico assolutamente fuori da ogni ragionevolezza e francamente inadatto a quella che si picca di essere una grande azienda internazionale.

 

La posizione è tanto smaccatamente ritorsiva da avere sollevato le critiche perfino di fans della prima ora di Marchionne: sia di CISL, UIL e UGL che finora hanno assecondato le “idee innovative” di Marchionne, ma anche di Renzi che in passato aveva sostenuto che avrebbe votato “si” al referendum di Pomigliano “senza se e senza ma” …

 

La cosa dal mio punto di vista più triste è che Marchionne abbia potuto operare in modo “efficace” (almeno dal suo punto di vista) grazie alla profonda divisione che regna tra i lavoratori. Da una parte l’intransigenza della FIOM-CGIL (che la porta spesso all’isolamento), dall’altra l’eccessiva accondiscendenza di FIM-CISL e UILM-UIL (che li appiattisce spesso alle posizioni datoriali) hanno creato una profonda frattura nel mondo delle tute blu.

 

Da una parte lavoratori discriminati e alimentati da rivalsa nei confronti di colleghi che non hanno alzato un dito per difenderli quando subivano questa ingiustizia, dall’altra lavoratori che avendo intravisto la possibilità di rientrare nel circuito lavorativo si sentono “minacciati” dalla necessità di rendere giustizia ai primi … gli uni contro gli altri!

 

Come il riconoscimento dei diritti del lavoro sono stati il frutto della stagione dell’unità dei lavoratori, il loro svilimento è il frutto della divisione dei lavoratori e della mancanza di spirito di solidarietà.

 

La cosa incredibile è che si nota una distonia storica che dovrebbe indurre tutti quanti a riflettere: nel periodo del “collateralismo” in cui CGIL, CISL e UIL erano organici a partiti politici fortemente “ideologizzati” si riusciva a realizzare l’unità delle forze sindacali; adesso in pieno periodo di “deideologizzazione” delle forze politiche lo scontro “ideologico” si è trasferito (a mio avviso in modo improprio)  nel mondo sindacale (che invece è per definizione il luogo della mediazione e del dialogo) minando l’unità dei lavoratori e così disperdendo in modo – temo irreparabile – le conquiste acquisite in tanti anni di lotte unitarie.

Faremo tesoro di questa lezione che ci ha involontariamente impartito Marchionne?  

 

                                                                          

 

 

 

  

 

 

   

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it