Ibla: dalla fine segnata alla rinascita. La tesi di laurea dell’avvocato Emilio Dipasquale traccia la valenza della legge speciale 61/81

«Può una legge speciale risollevare in maniera significativa le sorti di un territorio?». È l’interrogativo alla base della tesi di uno studente ragusano che ha conseguito, nella sessione estiva, la laurea magistrale in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Parma. Emilio Dipasquale ha scelto di concludere il suo percorso di studi con un lavoro di ricerca dal titolo: «La riqualificazione dei centri storici: la legge su Ragusa Ibla».

La commissione ha unanimemente apprezzato il lavoro, introdotto dalla relatrice, Stefania Vasta. «Bella lo è sempre stata, Ibla, grazie all’impegno dei padri che l’hanno ricostruita con passione e genialità, dopo la catastrofe di fine ‘600, e di quelli che l’hanno custodita nel corso del tempo; eppure Ibla non era così. Basterà chiedere a ciascun ragusano, per comprendere l’intima verità di quest’affermazione», spiega Dipasquale nell’introduzione.

«Luogo di richiamo turistico – aggiunge -, sede di iniziative culturali di pregio, quartiere della città che pullula di locali per giovani e meno giovani. Venti o anche quindici anni fa, Ibla era ancora una zona scarsamente frequentata dai ragusani, ancora meno da turisti e visitatori. Poi, progressivamente, la rinascita. Cos’ha prodotto questa inversione di tendenza? Un borgo bello ma nascosto, com’è riuscito, negli ultimi anni, a ottenere un così grande successo?».

Dopo un lungo lavoro di ricerca sugli studi relativi ai centri storici in ambito nazionale, con un’attenta disamina sulle leggi e sul pensiero dei giuristi sul tema dei centri storici, tornato di grande importanza, Emilio Dipasquale ha focalizzato l’attenzione sulla Sicilia e sulla legge su Ibla in particolar modo. Ha evidenziato come la 61/81 si rivelò fondamentale, in quel momento storico, per contrastare un piano regolatore che tendeva a “mummificare” Ibla e a sventrare la zona di San Giovanni.

La legge «rappresenta un esempio di buone politiche, e di buone pratiche, in grado di tutelare e rilanciare un territorio. Innanzitutto perché essa nacque da un dibattito culturale ed ebbe una sponda, appassionata e competente, nell’estensore della legge, l’onorevole Giorgio Chessari, che ringrazio per la sua preziosa collaborazione, e nel parlamento siciliano che la sostenne».

Tuttavia, aggiunge Dipasquale, ci fu un’altra politica, quella che frenò la «piena attuazione» della legge, ostacolando una rapida, e contestuale, approvazione del piano regolatore e del piano particolareggiato dei centri storici: furono approvati solo quasi tre decenni dopo, quando già lo sviluppo urbanistico della città era ormai proteso verso le periferie, con un centro in agonia. «Se la buona politica – annota Dipasquale – trasse da una necessità concreta una legge che rappresenta un modello e al tempo stesso è stata un’occasione di salvaguardia e di rivitalizzazione, la politica più miope (o, più correttamente, indirizzata a tutelare l’interesse della rendita fondiaria più che quello collettivo) ha frenato, se non mutilato, quest’azione di “rifondazione”», “deportando” verso la periferia i ragusani.

«La tesi – afferma il neo laureato – , si conclude però con un auspicio, per un’inversione di tendenza nelle politiche urbanistiche della città». Inversione di tendenza che può interessare da vicino anche quanto emerso in questi ultimi giorni con riferimento alla variante del Prg già approvata dalla Giunta municipale e che a breve approderà in aula per il voto definitivo. Una serie di pareri discordanti si sono succeduti circa cosa è meglio fare rispetto alla realizzazione di undici strutture alberghiere (una è stata ammessa con riserva) in verde agricolo.

Sarà una nuova colata di cemento oppure una ulteriore occasione da sfruttare per il turismo di casa nostra? Intanto è probabile che sulla questione il dibattito sia tutt’altro che esaurito. Le varie posizioni finora registrate hanno comunque consentito di inquadrare il problema.
fonte Giorgio Liuzzo – La Sicilia

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