I GIOVANI E IL TERRIBILE MONDO DELLA DROGA

In un libro di qualche anno fa Umberto Galimberti, noto psicoanalista italiano, afferma che oggi i giovani entrano nel tunnel della droga per stordire il dolore del nulla che li avvolge e li divora. Ciò da cui sfuggono rifugiandosi nella droga è, sostiene Galimberti, la noia prodotta da un mondo nichilista che ha distrutto valori etici e morali squalificando ogni limite. In un mondo di questo tipo, dove tutto è facile senza alcuno sforzo, il potenziale creativo che risiede dentro ad ogni persona rimane inesplorato. I giovani non si misurano con la fatica, con le sfide, con le difficoltà, e questo è solo illusoriamente un bene, poiché la fatica non è solo sofferenza, da essa proviene la gioia per il risultato, ma anche la scoperta delle proprie capacità. Ai giovani a cui non è chiesto di sforzarsi viene risparmiato il dolore del sacrificio e dello sforzo, ma gli viene data una condanna assai più pesante, quella della morte interiore che è la sensazione che prova chi non si è mai misurato con le proprie capacità; non ha mai lottato per raggiungere un risultato importante; non ha mai provato il piacere di aver conseguito con il proprio impegno una meta; non ha quindi mai potuto osservare se stesso, né capire chi è; quali sono le sue idea; cosa potenzialmente sa fare e cosa no. La morte interiore è quella che alberga nell’animo di molti giovani dagli sguardi assenti e dalle idee confuse; che vivono alla giornata; che non mettono impegno in nulla perché così sono stati abituati; che non hanno progetti e la cui unica via d’uscita dalla noia che li avvolge è annebbiarsi la testa con la droga.

Agli insegnati che lavorano con ragazzi di età compresa tra i dodici e i diciotto anni voglio dire di dedicare parte del loro tempo a queste problematiche, di osservare i propri ragazzi con amore e rispetto. Se avete l’impressione che qualcuno di loro sia a rischio o che faccia uso di sostanze, aprite un dialogo con la classe e con delicatezza, senza mai assumere un atteggiamento giudicante, senza fare né sermoni, né lezioni sulla morale, ma anzi, assumendo un atteggiamento di rispettoso ascolto, fate in modo che i ragazzi possano raccontare ciò che sanno, ciò che li turba e le loro convinzioni, magari errate, sulla droga. Se vi accorgete che può essere utile che questo tipo di conversazione sia condotta da un esperto, invitate uno psicologo a farlo. Ai genitori con figli in età preadolescenziale e adolescenziale voglio dire di essere vigili, ma con discrezione, di non allarmarsi senza ragione, ma di non sminuire la situazione quando invece ci sono segnali che destano sospetti.

Dott.ssa Sabrina D’Amanti psicologa e psicoterapeuta

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Studio di psicoterapia a Vittoria e Ragusa

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