I GIORNALISTI DI RAGUSA HANNO CELEBRATO IL PATRONO SAN FRANCESCO DI SALES

 

I giornalisti ragusani hanno celebrato ieri sera a Scicli nella Chiesa Madre il loro patrono San Francesco di Sales. Alla Santa Messa ha preso parte anche il neo prefetto di Ragusa Maria Carmela Librizzi e uno dei tre commissari che attualmente reggono il comune di Scicli, Gaetano D’Erba.

Ospiti della collega Pinella Drago che ogni anno secondo tradizione s’intesta l’organizzazione di celebrare il patrono dei giornalisti, San Francesco di Sales, l’occasione è stata utile per discutere sul messaggio di Papa Francesco per la giornata della comunicazione sociale. Nella sua omelia don Ignazio La China ha riflettuto sulle parole del Papa su come “comunicazione e misericordia” possano stabilire “un incontro fecondo”. L’invito del Pontefice è quello di “riscoprire il potere della misericordia per sanare le relazioni lacerate e di riportare la pace e l’armonia tra le famiglie e nelle comunità”.

Al termine della Santa Messa (le musiche sono state affidate al coro “Santissimo Salvatore” diretto dal maestro Santo Piccione e all’organo Uccio Ingarao) celebrata anche in omaggio dei giornalisti defunti che con la loro opera hanno contribuito alla crescita della categoria, il segretario provinciale dell’Assostampa Ragusa Gianni Molè ha ripreso il messaggio del Papa su comunicazione e misericordia ma ha esortato i giornalisti a fare sino in fondo la loro parte. “In un’era dominata dal web e dai social – ha detto Molè – dove paradossalmente invece di favorire l’incontro e la prossimità si accentua l’offesa e la divisione, le parole di papa Francesco sono pregnanti di speranza e di coraggio perché “la misericordia è capace di attivare un nuovo modo di parlare e di dialogare”. E i giornalisti in quest’operazione non possono girarsi dall’altra parte ma fare sino in fondo la loro parte, assumendo un ruolo propositivo, un protagonismo virtuoso. Non per ingigantire il proprio ‘Ego’ ma per mettersi a disposizione delle categorie più deboli. Abbiamo un compito – ha concluso Molè – in un certo senso “sacro” che deve essere svolto nella consapevolezza che i potenti mezzi di comunicazione si mettano al servizio dei più deboli”.

 

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