I GIOCHI SONO FATTI. SIANO ORA GLI ELETTORI A SCEGLIERE NEL MAZZO DI CARTE VECCHIE E LOGORE

Puntate signori, il gioco è fatto. Con candidature che sanno di muffa ed altre che lasciano immaginare duelli all’ultimo sangue. Mamma mia quanti compagni e fratelli…coltelli nelle stesse liste. Le quote rosa? Un insulto alla intelligenza. Il 90% delle candidate del gentil sesso non ha alcuna chance di successo. Non per demeriti personali, ci mancherebbe, ma perché, come volevasi dimostrare, le donne in lista sono da considerare vittime sacrificali di maschilisti giochi di potere. Deciderà il popolo sovrano? Mah! Tutto sta a vedere che idea si ha della sovranità popolare. Che, ahinoi, nel nostro Paese assomiglia tanto ad un’arma spuntata. Che spara a salve. Messa in commercio da giochi di potere, clientele varie e affari occulti e poco puliti. Che hanno macchiato e sporcato la politica da Vipiteno a Capo Passero. Di volti nuovi in lista se ne vedono pochini. Chi dovrebbe rappresentare ed interpretare la voglia di cambiamento?

In giro c’è tanta rabbia. Ma anche tanto bisogno. Gli iscritti al club degli incazzati votano Beppe Grillo, oppure vanno ad incrementare l’esercito degli astensionisti. Ma in tanti, purtroppo, continueranno a tenere scioccamente il moccolo al politico di riferimento. Pur sapendo che il tempo e la storia hanno cambiato il corso degli eventi. Lavoro, famiglia, welfare, istruzione, sanità, sono problemi che riguardano la collettività. Che non possono essere risolti affidando il mandato a persone che ci hanno lasciato precipitare verso una gravissima situazione fallimentare. Che hanno prodotto precariato e ingiustizia sociale. La disperazione della gente può esplodere da un momento all’altro. Farebbero bene i candidati a stare attenti a quello che dicono in piazza. Perché la gente è stanca di ascoltare frottole. E di subire provocazioni. Da parte dei soliti noti. Ai quali raccomandiamo di non venirci a leggere il libro dei sogni. I cittadini comuni ed anche quelli che ne sanno di più, reclamano l’ordinario funzionamento della Regione. Che può essere garantito tagliando le spese superflue, azzerando le consulenze esterne, riducendo sensibilmente l’indennità dei consiglieri regionali, dimezzando le commissioni, rottamando la burocrazia, riscuotendo le tasse dalle aziende che operano in Sicilia ma che hanno sede nella Padania di Maroni, affidando la gestione delle aziende pubbliche a manager di successo lontani dalla politica, riducendo, dulcis in fundo, i cosiddetti fondi speciali ( ma è vero che Lombardo ha messo mano a 500.000 euro?) a disposizione del presidente della Regione.

 

 

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