I FORCONI DICONO NO ALLA SCUOLA-AZIENDA

                Avremo una scuola sempre più azienda, quindi gestita con criteri di costi e ricavi e non con criteri di garanzia di formazione eguale in tutto il territorio.
                Il Dirigente scolastico assurge nel suo ruolo a manager, cosa per la la quale non è stato formato, di fatto decide il pft, piano formativo triennale, decide la didattica svolta dai docenti, interviene direttamente sulla didattica da adottare, sceglie i suoi collaboratori, può usare fondi in autonomia e dare incarichi decretando la fine della collegialità nelle scelte e dando un profilo di “caporalato” alla figura dello stesso.
                 Sarebbe la fine della scuola pubblica come garanzia di formazione per tutti.
                Il governo sarebbe stato saggio a lasciare nel decreto legge la parte che riguarda le assunzioni (art.8) pressata peraltro dalla urgenza dei tempi per garantire un regolare avvio del prossimo anno scolastico. In tale processo di riforma chiediamo che tutto ciò che riguarda il rapporto di lavoro, retribuzioni, formazione e mobilità venga ricondotto alla sede naturale di discussione e decisione, che  è quella contrattuale nel rispetto delle norme sul lavoro pubblico.
                Gli scatti di anzianità sarebbero previsti con una quota di risorse aggiuntive disponibili dal 2016 sotto forma di bonus affidati alla mera discrezionalità del dirigente e di attuare procedure premiali che di fatto metterebbe i docenti contro. Altro punto inaccettabile è il metodo di reclutamento, l’attribuzione e il mutamento della sede di servizio che porterebbe la scuola verso derive individualistiche anziché di collegialità. 
                 È evidente che si tratta di un attacco alla scuola pubblica, che con il metodo della competizione determinerà scuole di serie “A” e scule di serie “B” in danno della qualità della stessa.
            
   Salvo Conoscenti

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