I COMMERCIALISTI: FISCO PIÙ LEGGERO E INASPRIMENTO DELLE SANZIONI

 Un fisco più leggero. Ed inasprimento delle sanzioni per recuperare il gettito. Anche in provincia di Ragusa dove l’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili per la circoscrizione dei Tribunali di Ragusa e Modica ha inteso fornire il proprio contributo con un seminario specialistico gratuito riservato ai professionisti al fine di allargare la sfera delle proprie conoscenze su redditometro, studi di settore e indagini finanziarie. Più di trecentocinquanta, ieri pomeriggio, i partecipanti all’appuntamento tenutosi a Villa Di Pasquale, a Ragusa, dove Paolo Parisi, professore di diritto tributario della Scuola superiore di economia e finanza “Ezio Vanoni”, coordinatore del Centro studi di aggiornamento tributario, Scuola di formazione Ipsoa, coordinamento editoriale della rivista “Pratica fiscale”, ha relazionato su “Redditometro, studi di settore e indagini finanziarie”. Promossa in collaborazione con l’Ipsoa e l’Ordine dei consulenti del lavoro della provincia di Ragusa (presente con il presidente Rosario Cassarino), l’iniziativa ha visto la partecipazione di numerosi professionisti provenienti anche dalla provincia di Siracusa.

“L’evasione fiscale, nel nostro Paese – afferma il presidente dell’Ordine dei dottori commercialisti, Daniele Manenti – rappresenta un serio problema che incide in maniera determinante sullo sviluppo economico del nostro sistema Paese. Per dare una dimensione di tale fenomeno in Italia basta ricordare che abbiamo una evasione fiscale doppia rispetto a Paesi come la Germania, la Francia e l’Inghilterra e per quattro volte rispetto a Paesi come l’Austria, Olanda ed Irlanda. L’ammontare dell’economia sommersa in Italia supera di oltre il 60% la media europea. L’ammontare di ricchezza che viene sottratta a tassazione è stimata tra il 17% e il 19% del Pil, il che significa in valore assoluto un valore molto vicino a 215-245 miliardi di euro sottratti ad imposizione fiscale, con un minor gettito per le casse dello stato di circa 110 miliardi di euro. E se a tutto ciò aggiungiamo che nel 2007 – secondo i dati diffusi dal Dipartimento delle finanze – circa l’80% dei contribuenti italiani ha dichiarato redditi non superiori ai ventiseimila euro, e circa il 50% per cento, invece, ha dichiarato redditi compresi tra i quindici e i ventisemila euro e  solo lo 0,2% per cento dichiara redditi superiori a duecentomila euro, abbiamo una dimensione chiara di come il fenomeno sia preoccupante tanto da compromettere non solo lo sviluppo del Paese, perché è ovvio che in queste condizioni non si può pensare né ad un riduzione della pressione fiscale,  che nel mese di gennaio del 2010 è già arrivata al 43,9%, né ad una politica di equità fiscale”.

L’azione di contrasto all’evasione fiscale di massa, è stata attuata attraverso vari strumenti di accertamento, dopo la minimum tax utilizzata per qualche anno nel Novanta si è passati agli studi di settore e al redditometro. Il primo destinato al popolo delle partite iva – imprese e lavoratori autonomi – ed utilizzato per accertare i ricavi congrui, sulla base di elaborazioni statistico matematiche relative all’attività esercitata dal contribuente; il secondo invece esteso a tutte le persone fisiche e mirante ad accertare il reddito dei contribuenti sulla base di specifici indicatori di capacità contributive, quali per esempio il possesso di auto di lusso, di abitazioni secondarie, collaboratori familiari ecc.

Questi strumenti anche se bene utilizzati in effetti non hanno attenuato il fenomeno dell’evasione fiscale di massa, seppur bisogna riconoscere che l’attività svolta dall’Agenzia delle entrate nel corso del 2009 è stata significativa. Infatti lo scorso anno l’ammontare incassato dal contrasto all’evasione fiscale ammonta complessivamente a circa 9,1 miliardi di euro con un incremento di circa il 30% rispetto all’anno precedente. E il redditometro ha consentito all’agenzia di incassare circa 460 milioni di euro con circa 28.000 accertamenti, con un incremento rispetto all’anno precedente di circa l’81%.

“L’attuale redditometro, a parere del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili – dice Manenti – va ancora meglio potenziato attraverso un maggior dialogo tra le banche dati a disposizione dell’anagrafe tributaria. Inoltre il redditometro è un strumento che riduce la conflittualità sociale, laddove invece lo studio di settore la esaspera, tanto che in questi anni si è assistito ad una sindacalizzazione del diritto tributario. Lo studio di settore contrappone implicitamente lavoratori dipendenti e partite iva, nonché piccola impresa e grande impresa, alimentando il poco edificante gioco dello scaricabarile su dove stia l’evasione fiscale, quando è chiaro che sta un po’ dappertutto. Il redditometro si applica invece indistintamente a tutti i contribuenti. Non importa qual è la tua attività o la tua categoria di appartenenza. Puoi essere un disoccupato, un libero professionista, un lavoratore dipendente o un imprenditore, se i conti non tornano, tra come vivi e cosa dichiari, la lampadina si accende per tutti allo stesso modo e con gli stessi risultati. Dobbiamo invece pensare a trasformare il fisco italiano in un fattore di sviluppo per la nostra economia, il fisco deve essere d’aiuto e non un peso per il sistema paese. Noi pensiamo ad un fisco leggero, facile da applicare ma con un sistema sanzionatorio pesante. Questo è il nostro auspicio e in tale direzione daremo sicuramente il nostro contributo per essere utili al Paese”. 
 

 

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