I CAMBI DI CASACCA

Pregio Direttore, si sta assistendo, sia in locale, come pure a Palermo e a Roma, a fenomeni di indecenza politica che hanno superato qualsiasi limite. Una volta l’appartenenza a un partito era segno distintivo del politico  e la fedeltà alla bandiera era termometro della sua dignità, anche e soprattutto personale. Impensabile sarebbe stato poter cambiare partito in quattro e quattr’otto, inesistente la possibilità di chiedere voti per un altro partito.

Oggi lo spettacolo è sotto gli occhi di tutti: si viene eletti con un partito e poi si cambia come se nulla fosse, un partito scompare e tutti transitano altrove, c’è gente che in pochi anni, quando in pochi mesi, ha cambiato due o tre partiti come niente. L’aspetto grave è che molti cambiano partito non tanto perché possa essere cambiata la linea politica, cosa che in linea di massima avviene democraticamente, quanto piuttosto appena si va in minoranza, disattendendo, quindi, ogni più elementare regola della democrazia e della convivenza civile. E’ diventato di uso comune il cambio di casacca e, cosa ancora più grave, in corsa: come si può chiedere il voto agli elettori e nel corso di un legislazione passare non solo in altro partito ma anche nella coalizione opposta ?

Tutti sono convinti che i voti siano esclusivi del candidato, nessuno pensa minimamente che si possa anche votare per il partito e per l’idea politica. Ad aggravare la situazione ci sono anche i partiti che, per un pugno di voti, accolgono qualsiasi transfuga.

Non si potrebbe fare una legge che obblighi alle dimissioni in casi come quelli citati ? Non si potrebbe adottare come deterrente un periodo minimo di cinque anni prima di poter svolgere attività ufficiale per un altro partito ?

Lettera firmata

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