Foto di bimbi sui social? Meglio una lasagna, un tramonto, un gattino

La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola

“Houston! … qui Ragusa.”

Lo so: è meraviglioso condividere le immagini e i video che restituiscono la comunque-bellezza dei nostri figli (e nipoti) e immortalano le loro comunque-imprese straordinarie, dalla recita a scuola, al saggio di fine anno, al partitone di Champions di quartiere, a tutti i singoli istanti di una quotidianità in pixel di 24 ore (che non può essere relegata al riserbo dei pochi intimi).


Non sono bacchettone. Non giudico. Parenti e amici, a cui sono profondamente legato, lo fanno da anni. È umano. Potrebbe uno psicologo non accogliere lo slancio di sano e gioioso orgoglio genitoriale? No.

La questione è molto delicata e divisiva e io so di dire una ovvietà un minimo impopolare. Esiste un gran dibattito inerente le fotografie dei minori (ben sotto i 14 anni) che circolano sui social. Molti funzionari della Polizia Postale, che si occupano di reati sul web, impiegano tempo del loro lavoro a registrare e a indagare per denunce di furti di foto su Internet. Le foto di alcuni bambini sono state utilizzate per alimentare il bullismo del body shaming, ad esempio. E comunque, le immagini potrebbero finire nelle mani sbagliate, non necessariamente soltanto dei pedofili. Esistono anche persone e frequentatori del web con obiettivi e interessi diversi non sempre “trasparenti”.

Prestigiosi esperti del buon senso spiegano quanto sia importante fare attenzione: più si conoscono i dettagli di un bambino (hobby, impegni, gusti, preferenze, passatempi, orari) e più è facile che il bambino possa essere avvicinato da uno sconosciuto.

Appartengo anche a un’era di mezzo in cui l’abitudine era quella di fissare dei precisi momenti con una macchina fotografica (per averne poi copia cartacea ben selezionata da appiccicare nel fatidico album). Preistoria.
Oggi, grazie o a causa della tecnologia moderna, tutto è diventato freneticamente più semplice, agile e veloce. Fotografiamo in modo a volte ossessivo-compulsivo qualsiasi cosa in qualsiasi momento. Il protocollo dei must prevede che una foto sia quasi immediatamente pubblicata sui social e dunque in rete. C’è chi pubblica qualsivoglia fotografia del proprio figlio, chi pubblica oscurandone e foto-ritoccandone il volto (e una minoranza è invece contraria e resiste indefessamente dalla trincea delle tentazioni).

Gli adulti hanno il dovere di difendere e tutelare i bambini nell’era di Internet. Ma esiste anche una questione prettamente psicologica (accanto a quelle psicosociali). Un bambino ha un chiaro senso di sé dai 4 anni di età, e a partire da quel momento possiamo parlare dell’autonoma capacità di giudizio dei soggetti in età evolutiva. Non sono pochi i bambini che non amano essere costantemente fotografati e pubblicamente “condivisi in piazza” nella violazione della privacy e dell’intimità (e talora della dignità) in nome (a volte) del narcisismo e della vanità di chi pubblica. È fondamentale considerare il bambino nella sua unicità e riconoscere i suoi diritti. E una pedagogia del pudore comunque aiuterebbe i più piccoli a non sacrificare così presto la propria dimensione personale al culto dell’esibizionismo, della vanità e dell’ostentazione.


Insomma, condividere foto e video dei bambini sui social non è affatto illegale, né certo immorale. Purché sia fatto sempre nella consapevolezza che un bambino è come un’ineffabile emozione di cristallo nel bosco delle luci e delle ombre.

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