FORME ALTERNATIVE ALLA DETENZIONE

 Porre rimedio ai propri errori è possibile. A volte, si trasforma anche in qualcosa di utile, non solo per sé, ma anche per la collettività. Questo il senso che la Fondazione “San Giovanni Battista” ha individuato e condiviso quando ha scelto di accreditarsi come ente disponibile ad accogliere soggetti  condannati alla pena del lavoro di pubblica utilità. Dal mese di aprile 2013 la Fondazione ha stipulato un’apposita convenzione con il Tribunale di Ragusa e, dopo aver avviato in modo positivo diversi percorsi, ha deciso, dal mese di gennaio di quest’anno, di ampliare la suddetta disponibilità, a quattro soggetti.

“L’attenzione alla formazione e ai diversi tipi di povertà – spiega Tonino Solarino, presidente della Fondazione – trova anche in questo servizio, che abbiamo voluto ampliare, un’opportunità significativa per evitare a persone con pene lievi di entrare in circuiti che rischiano di appesantire situazioni personali e percorsi di devianza. Per questa ragione siamo impegnati a offrire occasioni formative e opportunità concrete per sentirsi utili, oltre che amicizia e vicinanza, alle persone che hanno subito la condanna”. Avviati i primi percorsi, è tempo di bilanci. “L’esperienza complessiva per questi primi due inserimenti completati è ottima. C’è ulteriormente da migliorare il rapporto con i giudici affinché gli invii non siano solo burocratici ma siano il frutto di una presa in carico globale della persona. In questo senso, desidero esprimere grande apprezzamento per il lavoro fatto dall’Ufficio di esecuzione penale esterna (Uepe) e dalla dottoressa Sara Ruggieri”.

Il lavoro di pubblica utilità come forma alternativa alla detenzione prevede un iter complesso che coinvolge diversi operatori con varie competenze. 

“Abbiamo accolto la prima persona alcuni mesi fa – spiega Rossandra Piazzese, psicologa tutor dell’iniziativa – e ha svolto con efficienza lavori di manutenzione nelle nostre strutture. Un’altra ha iniziato a dicembre e ha svolto diverse mansioni, dalla distribuzione dei viveri e degli indumenti agli indigenti, all’affiancamento della cuoca nella preparazione dei pasti e alla sistemazione dei locali adibiti a magazzino.

La destinazione, in termini di struttura e di incarico, avviene in seguito a un  colloquio per valutare le inclinazioni e le competenze individuali e, dunque, per meglio effettuare l’inserimento.

La mia presenza costante, in qualità di tutor, garantisce un monitoraggio continuo dell’esperienza e inoltre durante lo svolgimento delle attività queste persone vengono affiancate anche da un nostro supervisore. Infine, ogni qualvolta inizia un nuovo percorso viene data tempestiva comunicazione al Tribunale e all’Uepe, per poter consentire le opportune verifiche”.

Come è ovvio, non si tratta di persone socialmente pericolose, ma di soggetti che hanno commesso degli errori e a cui viene permesso di recuperare.

“Dalla vicenda negativa che ho vissuto – spiega al termine della propria esperienza uno dei soggetti inseriti – almeno è nato qualcosa di buono. Svolgere questi lavori di pubblica utilità in Fondazione è stata un’ottima opportunità per riflettere e per capire che dagli sbagli si può sempre imparare”.

“Il nostro Ufficio di Ragusa – spiega Sara Ruggieri, assistente sociale dell’Uepe – nell’aprile 2013 ha sottoscritto un accordo con il Tribunale di Ragusa per l’applicazione della normativa che prevede la possibilità di sostituire la pena detentiva o la pena pecuniaria, nei casi di reati di minore entità, con la sanzione del lavoro di pubblica utilità. L’iniziativa, sollecitata dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, è stata recepita favorevolmente dalla nostra sede locale poiché segna un’ulteriore evoluzione verso la valorizzazione della funzione rieducativa della pena. Il soggetto diventa parte attiva nel procedimento penale e si fa carico di una scelta consapevole che, inevitabilmente, lo aiuta a concludere l’esperienza in termini di rielaborazione personale. Per la prima volta è la comunità a farsi carico della sanzione riparativa ed è per questo che, l’Uepe ha assunto l’impegno di promuovere una rete territoriale capace di partecipare alla responsabilità sociale della sicurezza, attraverso il coinvolgimento degli Enti Locali, del Privato Sociale e del Volontariato. Quella attuale può essere definita una prima fase sperimentale, che non è stata priva di criticità soprattutto sul piano procedurale, ma è possibile tracciare un primo bilancio positivo sugli esiti delle esperienze già concluse. La Fondazione “San Giovanni Battista” è stata la prima realtà che ha accolto l’invito dell’U.E.P.E. ad entrare in rete per la sostenibilità della mission educativa”.

 

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