FILA, FILA, FILA

Il viaggio inizia da Genova, direzione Pisa.

Volo diretto con atterraggio in anticipino a  Trapani. Attesa. Bus per Palermo Politeama.

È il 6 dicembre e in tutte queste diverse città si respira l’aria dello sciopero. Se ne sente parlare. Qualcuno manifesta la sua preoccupazione, ma non è ancora niente rispetto quello che si sarebbe scatenato alle 6 del mattino.

Forse un po’ prima, comunque orientativamente verso le sei, i benzinai sono stati letteralmente assaltati da chilometriche fila di automobilisti esagitati.

Il viaggio ricomincia. Da Palermo in macchina diretti a Ragusa.

La strada, fortunatamente, è abbastanza scorrevole. Non ci sono macchine perché sono tutti impelagati in interminabili attese ai rifornitori.

Tagliamo la Sicilia, i monti si stagliano immensi e il sole esce da piccole crepe nelle nuvole. È solitudine totale.

Caltanissetta, Gela, Comiso e così via fino al Viale delle Americhe. Non c’è rifornitore, oltre quelli addirittura chiusi, dove non si siano formati agglomerati confusi e barbari di macchine frenetiche a cibarsi di benzene.

C’è un aspetto, però, di questa frenesia che, in un senso malsano, fa quasi piacere. Si percepisce la paura che questo sciopero ci sia davvero, evidentemente.

Eppure gli italiani siamo sempre così contraddittori … perché carburare i motori se devi scioperare?

 

 

 

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