“EXPO IN SICILIA? NO LA REGIONE INVESTE A MILANO

A  poco più di sei mesi dall’inizio di Expo 2015 e’ ormai troppo tardi -se non lo si fosse già fatto-  per “spalmarne” i benefici anche in altre regioni.
Svizzera, Piemonte, Veneto, Emilia, Lazio, Campania, hanno da tempo capito che non è a Milano che si potrà stabilire un contatto economico-commerciale con i visitatori interessati al tema ufficiale della nutrizione. Dai costosi padiglioni passeranno si milioni di persone, ma senza alcuna possibilità di stringere rapporti, fissare appuntamenti o stipulare contratti. Non è una Fiera con stand e prodotti, ma tutto e’ rappresentato in forma astratta e virtuale.
Come a Shanghai 2010 (70 milioni di visitatori), la fiumana di gente passa e va, soffermandosi solo pochi secondi fra le migliaia di sollecitazioni visive ricevute.
In Cina la Sicilia ottenne con poca spesa notevole successo, esponendo per una settimana nel padiglione italiano gli argenti di Morgantina appena recuperati e le opere di Prospero Intorcetta e degli altri gesuiti siciliani che all’inizio del ‘600 tradussero in latino il pensiero di Confucio, aprendo il dialogo interculturale e suscitando l’apprezzamento e la gratitudine della cultura cinese.. Ciò aprì le porte dei massimi livelli politici ed economici ad una  delegazione guidata a Pechino dal compianto Mario Centorrino e da chi scrive, stipulando accordi con i colossi China Development Bank e Fondo sovrano CIC (per il finanziamento di nove grandi infrastrutture, poi mai utilizzati).
A Milano si gioca in casa e almeno 20 milioni di visitatori stanno preparando il viaggio in Italia, scegliendo ora dove andare, con grandi opportunità per le nostre imprese se si stabilisce un contatto in loco.
Oltre alla Lombardia (che si sta rifacendo nuova per l’occasione), da Napoli alla Svizzera fanno a gara per essere la meta prescelta, da dove recarsi poi “in escursione” nella satura  Milano.  Ciò consentirà alle loro città ed alle loro imprese di “vendere” i loro punti di forza sul tema della nutrizione e di recuperare, almeno in parte, il pesante tributo pagato da tutti gli italiani per gli enormi costi dell’Expo (con le opere connesse, tre volte il ponte sullo Stretto di Messina!)
E la Sicilia? A parte alcuni organismi associativi agricoli ed agrituristici privati, riunitisi in pool con un grande tour operator per proporre sul mercato mondiale la formula efficace ed innovativa del Turismo Relazionale Integrato (“Venite in Sicilia, vi porteremo all’Expo”), la Regione  elargisce altri 3 milioni per ospitare a proprie spese gli altri paesi mediterranei (ma almeno questo durerà sei mesi e l’incolpevole neoassessore all’agricoltura sta cercando di migliorare il frettoloso contratto, che imponeva perfino prodotti altrui nel punto di ristoro interno!). Ma a ciò si aggiungono altri due milioni e mezzo (totale oltre dieci miliardi di vecchie lire!) prontamente attinti dai fondi europei (tanto, non si spendono!) dall’assessore alle “attività produttive” (sic!) per il subaffitto di 200 m2 per qualche settimana nel padiglione italiano, già pagato dallo Stato.
E non si può certo pensare che i visitatori, folgorati dalle rappresentazioni virtuali organizzate a Milano dalla Regione, decidano all’ultimo momento di cambiare i programmi per venire in Sicilia.. Per chi viene da lontano, e sono i mercati più importanti per le nostre imprese agroalimentari e per lo sviluppo turistico, il viaggio si acquista ora, sei mesi prima e non sarà modificabile. Ed ora a promuovere la Sicilia come laboratorio naturale del tema dell’Expo ci sono solo i privati, agricoltori di avanguardia e aziende agrituristiche, alcuni GAL, Distretti e Comuni che praticano il Turismo Relazionale integrato, organizzati da un leader storico del turismo siciliano.
Domenico Tempio, Toni Zermo ed altri autorevoli opinionisti lo scrivono da tempo su questo e su molti importanti giornali e sempre più siciliani lo esigono: questa Regione va chiusa al più presto e smembrata almeno in due, diluendo le sue autonomie accentrate, sempre più costose, inutili e dannose. Si cominci intanto a raccogliere le firme per un referendum: e’ ora!

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