Evitare un’altra Calaforno

Sperando che il fuoco abbia smesso di covare sotto la cenere, il grande rogo di Calaforno lascia alcuni interrogativi aperti, che neanche la canicola di questi giorni riesce a togliere di mente.
Il primo punto riguarda i piromani. Certo, ormai, che il fuoco è stato appiccato in almeno quattro-cinque punti diversi, resta da capire chi e perché ha determinato una tale distruzione di flora e fauna. Al momento, l’incendio di Calaforno ha un comune denominatore con le altre simili distruzioni disseminate nel Centro-Sud dell’Italia: la matrice dolosa. Il problema è che nella stra-grande maggioranza dei casi non si riesce a risalire agli incendiari, quasi che fossero dei fantasmi alla Mattia Messina Denaro. Già ieri, Ragusaoggi.it considerava come nell’era in cui è facile lasciare una qualsiasi traccia, spesso non ve ne sia una che dia un nome e un volto ai criminali boschivi. Per riflettere su chi possano essere i piromani, è determinante capire i motivi di questi atti.

C’è inoltre un altro aspetto, legato alla prevenzione, sul quale evidentemente non bastano anni e anni di scempi perpetrati ovunque ci sia vita vegetale da bruciare. È da almeno tre settimane che la Regione lancia allarmi sul rischio incendi. Bene, a parte questo cosa è stato fatto?
Le istituzioni a vario livello hanno fatto sapere che nella notte appena trascorsa sono stati presidiati alcuni punti sensibili, per evitare che gli incendi ripartissero. Perché questi presìdi non sono stati attuati prima che qualcuno desse fuoco? Perché le varie squadre di lavoratori forestali stagionali e di volontariato non possono fare vigilanza diurna e notturna sul territorio boschivo a rischio? Perché occorre aspettare il grande incendio per “vigilare”?
Da tempo, si parla di grandi interessi intorno agli incendi di centinaia di ettari di terreno, privato e demaniale. Se queste ipotesi fossero avvalorate, perché non si mettono in pratica attività di prevenzione, alla stregua di altri gravi reati?

La passività con cui le varie istituzioni assistono al triste spettacolo della fiamme è disarmante. Non basta inviare vigili del fuoco, canadair e quant’altro: tutto questo è prassi, ci mancherebbe. Oltretutto, la zona montana degli Iblei non è nuova a queste situazioni. Basterebbe ricordare cos’è rimasto del grande incendio di Chiaramonte Gulfi, nel giugno 2017.

Spegnere un incendio che distrugge tanti ettari di terreno è più difficile che prevenirlo. Tecnologie e idee per evitare che un’altra Calaforno bruci ancora in futuro non mancano. Allora, cos’altro serve?

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