È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
Esami di Stato: ma non chiamatela maturità!
07 Lug 2022 09:19
La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola
“Houston! … qui Ragusa.”
Notte dopo gli esami. The day after tentiamo una riflessione. Magari non simpatica.
Migliaia di alunne e alunni hanno traversato un importante rito di passaggio. Il loro sforzo, il loro momento merita assoluto rispetto. E il loro impegno ha valore. Autentico. Comunque.
E tuttavia, ho da sempre un’idea (della quale la nazione riesce serenamente a fare a meno).
Chiamare l’Esame di Stato (espressione già infelice) “Esame di Maturità” è una scelta che denota scarsa maturità. Le parole hanno un significato. Anche quando volessero essere semplici allusioni, metafore, convenzioni. Se sei adulto, consapevole, sensibile, preciso, serio, usi la parola “maturità” con delicatezza e attenzione. Soprattutto se pretendi di giudicare con un numero la dimensione ineffabile di una persona in evoluzione. Sì, giudicare, misurare, dare valore. Bando alle ipocrisie! Questo si fa. Si scrive “valutiamo semplicemente il tuo percorso di cinque anni” in un esame di Stato, ma si legge “giudichiamo te e quanto vali anche per come ti esibisci ora” nell’esame di Maturità. (E se in giuria c’è Selvaggia e ha la luna storta, sono crediti amari).
Se accostate al tema sacro, complesso e multidimensionale della maturità psicologica, emotiva, personale dell’essere umano, alcuni termini innocenti (e magari sussurrati dalle migliori intenzioni), diventano parole senza grazia. È la semantica oscena di “voti”, “punti”, “bonus”, “crediti”, “lode”, “commissione” che fa rima con “discrezione”, “prova”, “tracce”, “orale”, “maturandi”.
È andata anche quest’anno. La maturità 2022, primo esame post Covid, si è svolta in presenza. Il Ministero aveva soltanto raccomandato l’uso delle mascherine e aveva liberamente lasciato alla maturità dei candidati l’uso durante le prove. I maturandi: quasi 540.000.
Il calcolo del voto di maturità? Alle prove scritte viene assegnato un voto in decimi o quindicesimi (non l’ho capito: non sono abbastanza maturo). All’orale la commissione può assegnare fino ad un massimo di venticinque punti. A questi voti vanno poi aggiunti i crediti, i bonus e altre diavolerie … Dalla somma labirintica e dal computo algido e vorticoso di tutti questi numeri, verrà scodellato quello finale della maturità.
Bene. Nulla da ridire. Ma è davvero questa la misura della “maturità” di una persona di diciotto anni? Mi spingo oltre. Della sua conoscenza? Della sua curiosità intellettuale? Della cultura che lo abita e lo possiede come un Demone imprendibile? L’esame così pensato, l’esperienza scolastica così concepita sono in grado di intercettare e rappresentare sempre la forma spesso “divergente” di allievi non disposti a ripetere ciò che i docenti e i membri di una commissione a volte vogliono sentirsi raccontare del mondo, del libro, del pensiero? Ovvero, in quel “copia e incolla” che può gratificare a volte un docente nel suo slancio e narcisismo valutativo? Se la scuola pretende di calcolare il “valore” di un percorso e inevitabilmente di una persona in quel ciclo di vite, è sempre all’altezza di un compito così alto? I docenti si limitano a registrare come burocrati ciò che un alunno dà loro? O tentano di far emergere ciò che l’alunno, nella sua folgorante e timida unicità, può essere ed esprimere, coinvolgendolo, appassionandolo, affascinandolo attraverso le storie e le parole viventi dei manuali? E se un’alunna o un alunno sono personalità più introverse, più ansiose o meno esuberanti e non sanno vendersi nel mercato delle vanità condivise con la classe docente? In sede di misurazione, devono essere penalizzate?
Le mie non sono domande provocatorie in tema di maturità. La struttura profonda e ideale che naviga un alunno non è un’Odissea semplice.
La maturità è tutta un’altra storia in psicologia. Tolleranza, senso di comunità, controllo delle emozioni, empatia, umorismo, introspezione, creatività, calore, apertura, comunicazione, responsabilità, autocritica, coerenza, autonomia, stabilità nella flessibilità, adattabilità, rispetto delle norme sociali, dei diritti altrui, capacità di distinguersi dalla massa. Una personalità matura è olistica, etica.
E infatti, in una stagione nella quale, a fronte dell’aumento evidente dei contagi, imperversa ovunque il naturale e legittimo impulso al “libero assembramento festaiolo”, quale Presidente della Commissione Senza Titolo, voglio convintamente dare il massimo dei voti con lode a tutti quei bambini che, nel corso di un intero anno scolastico, hanno indossato una mascherina per almeno cinque ore al giorno dietro un banco e che hanno così conseguito la piena maturità. Quella vera.
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