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ENI PREPARA LA FUGA DALLA SICILIA: IN VENDITA LA CHIMICA DI VERSALIS
07 Nov 2015 15:14
«Eni non vuole solo cedere la chimica di Versalis a un fondo privato, il progetto è molto più ampio e in parte anche realizzato, ovvero quello di abbandonare definitivamente la Sicilia e l’Italia con la complicità del Governo».
Lo affermano i segretari di Filctem, Femca e Uiltec di Ragusa, Giorgio Saggese, Filippo Scollo e Giuseppe Scarpata.
E la risposta da parte del sindacato ai biechi disegni di eni non si è fatta certamente attendere: un pacchetto di assemblee per informare i lavoratori, due ore di sciopero, richiesta incontro con la presidenza del consiglio e assemblea generale il 28 novembre a Roma.
«L’Italia rischia di rimanere senza chimica e raffinazione da un giorno all’altro. In Sicilia, inoltre, sarà il deserto industriale. Il problema è proprio questo. Non abbiamo di certo paura di una cessione di quote eni a un fondo internazionale di Private Equity per la chimica di Versalis: occorre però sapere, e subito, quante di queste quote saranno vendute e che ruolo avrà eni, se di garanzia e controllo, oppure di semplice socio di minoranza con una porta sempre aperta per una retrocessione totale dalla chimica. Altro che la ricerca di un compagno di viaggio, così come dichiara alle stampe Claudio Descalzi, amministratore delegato del gruppo eni, per consolidare produzioni, occupazione e investimenti. L’exit strategy del cane a sei zampe dalla chimica e dalla raffinazione ha avuto inizio già nel 2008 con la chiusura del cracking di Gela, poi è stata la volta del politene di Gela e appresso ha chiuso pure l’impianto lineare di Priolo.
Intanto c’era una continua promessa di investimenti miliardari e di risanamento dei conti economici che avrebbero dato il LA al nuovo corso di chimica e raffinazione. Solo promesse, però. Nei fatti eni continuava inesorabilmente nel processo di smantellamento industriale: con Porto Torres chiusa per far posto a una chimica verde che adesso per eni non servirebbe più, con la cessione a titolo gratuito dello stabilimento di Sarroch alla raffineria SARAS della famiglia Moratti (eni ha versato 50ML di euro oltre alla cessione gratuita dei propri impianti per chiudere in fretta la trattativa), con lo stop alle produzioni del cracking di Marghera. E per finire, chiudendo i conti con la storica raffineria di Gela.
A chi toccherà adesso se non a quel poco che rimane di downstream (chimica e raffinazione) fuori da ogni logica di business per eni, in Sicilia e nel resto d’Italia?
Un progetto che parte da lontano, silenzioso, pacifico. Versalis ed eni da un lato presentavano piani industriali miliardari per rilanciare chimica e raffinazione, dall’altro chiudevano accordi sindacali per dimezzare la capacità produttiva dei due business e allo stesso tempo incidere significativamente sulla presenza di eni in italia. C’era la promessa degli investimenti, la riorganizzazione, dunque, si presentava come sostenibile e a costo sociale zero. Non avevamo fatto i conti con l’affidabilità di eni. Gli avvenimenti, infatti, hanno scritto tutt’altra storia. Zero investimenti da un lato, solo chiusure industriali, dall’altro.
Che fosse una società tutta oil oriented lo avevamo già capito da subito, senza leggere le dichiarazioni dell’amministratore delegato e del presidente. Ma da qui all’uscita strategica e in punta di piedi dai business di chimica e raffinazione, certamente, di acqua sotto il ponte delle garanzie sociali e produttive ne passa.
Eni s’arroga il diritto di dire basta alla storia industriale della chimica e della raffinazione siciliana, italiana, grazie al supporto di una sempre più discutibile e miope politica del Governo nazionale; ecco la necessità di coinvolgere le istituzioni e la politica a tutti i livelli, a partire da quello locale. Ed è per questo che lanciamo un appello alle forze politiche del nostro territorio, ai nostri rappresentanti in Parlamento e al Senato della Repubblica, ai nostri deputati in consiglio regionale, al sindaco della città di Ragusa, al Presidente della Regione per difendere il patrimonio industriale, statale, regionale, della nostra provincia da una fine che per eni sarebbe già segnata, annunciata».
NOTA
L’affaire della vendita della chimica è un intreccio a due corde, la prima politica e l’altra industriale.
1) Le promesse di Eni. Il 5 giugno Versalis riconferma gli assetti e i piani industriali e il raggiungimento del pareggio di bilancio con un anno di anticipo rispetto ai programmi. Descalzi, già a settembre annunciava che la chimica era in cerca di partners strategici per poter pagare investimenti e risorse umane. Il 30 ottobre l’amministratore delegato di Eni ha confermato al sindacato la cessione di quote di Versalis a fondi internazionali (dei quali si ignora ancora l’identità e la classificazione bancaria), cercando di frenare l’incertezza dell’operazione con alcune rassicurazioni. Su tutte, le garanzie della salvaguardia dei livelli occupazionali (la cosiddetta clausola sociale) per tre anni e il mantenimento degli assets industriali. E dopo i tre anni? Quale peso avrà il nuovo partner in Versalis? la partecipazione di Eni, per ammissione dello stesso AD, Claudio Descalzi, sarà minoritaria nella costituenda nuova società chimica: dunque, che forza potrà quindi avere eni e lo Stato italiano per pretendere il rispetto della clausola sociale?
2) Versalis in Italia occupa 5.200 dipendenti, solo del diretto. Gli stabilimenti di Ragusa e Priolo contano 700 addetti del diretto e mille dell’indotto. Le imprese terze che lavorano nei due petrolchimici sono a forte provenienza territoriale. Priolo e Ragusa sono un’unica entità industriale spalmata su due stabilimenti: Priolo produce l’etilene che Ragusa, poi, trasforma in politene. Il politene di Ragusa, 140 mila tonnellate annue, si presta a molteplici applicazioni industriali: dall’automotive, al film per alimenti e coperture agro e industriali, packaging, specialities sanitarie, rivestimento cavi elettrici e tubazioni, polimeri per pannelli solari, pavimentazioni, rivestimenti edili, abbigliamento e attrezzatture sportive, et cetera.
L’export dei prodotti chimici e del petrolio in Sicilia rappresenta, dati Bankitalia 2014, il 70% delle esportazioni totali, dunque, la vendita della chimica di eni, con la chiusura delle realtà produttive di Ragusa e Priolo, assieme alla già contestualizzata chiusura della raffineria di Gela, significherebbe un crollo incontrollato del PIL che l’economia della regione non può permettersi. Il settore petrolifero rappresenta una componente importante del tessuto industriale italiano. Circa un quinto del petrolio italiano viene estratto in Sicilia, sia attraverso gli 81 pozzi su terraferma che tramite le 4 piattaforme off-shore. Eni ha annunciato investimenti per 2.2 miliardi di euro per nuove esplorazioni e perforazioni in Sicilia. La regione siciliana ha firmato un protocollo con eni per facilitare i nuovi processi esplorativi. Eni, a oggi, nonostante gli annunci e le continue rassicurazioni non ha speso un solo centesimo per favorire il nuovo progetto industriale che avrebbe dovuto accogliere gli esuberi del personale determinati dalla fermata della raffineria. A rischio, dunque, anche gli investimenti sulle esplorazioni petrolifere.
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