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EL MOLETA – L’ARROTINO
16 Set 2012 15:32
Uno dei vecchi mestieri che oramai sono andati persi o meglio si trovano solo in negozi specializzati è quello del moleta o arrotino. Il nome dialettale deriva dall’attrezzo principale: la mola.
Era anche un mestiere da ambulanti come ce n’erano tanti un tempo.
In Val Rendena, all’ingresso di Pinzolo,in mezzo alle Dolomiti di Brenta, c’è un bel monumento, opera di fra Silvio Bottes, dedicato a questo artigiano girovago.
Da qui partivano e si spingevano anche molto lontano sia in Europa che in America, dove vivono molti discendenti dei ‘moleta’ rendenesi.
Ma questo mestiere lo si riscontra in ogni dove e questi personaggi sono ancora ricordati in molti Paesi soprattutto da chi ha una certa età, che da bambini lo hanno visto in paese e sentito gridare: ‘Done,, ghé el moletaaaaaa’ (Donne c’è l’arrotino), e aggiungendo secondo la fantasia e la capacità inventiva, commenti e inviti a portare le lame da molare. Ovviamente la chiamata era a seconda dei dialetti, lingue dei Paesi in cui si veniva a trovare. Era una figura particolare e conosciuta, perché erano spesso gli stessi che passavano di paese in paese cercando ci mantenere i giorni fissi del calendario
Il moleta era, (il passato oramai è inevitabile), un ambulante che con un’attrezzatura piuttosto pesante. Qualcuno riusciva anche a mettere su bottega e in questi casi dovevano sostenere un esame teorico e pratico con tutti gli strumenti da taglio e i metalli ferrosi.
Stavano lontani da casa anche per mesi e spesso venivano ospitati in fienili.
Si preparavano da sé l’attrezzatura. Lungo i fiumi e i torrenti cercavano le pietre adatte per le mole, doveva poi essere abilmente sbozzata e tornite. Ogni pietra scelta aveva uno scopo specifico, per la grana, adatta a affilare un determinato tipo di lama. Poi si dovevano preparare i dischi di legno leggero fasciato di cuoio dove si spalmava lo smeriglio (una minerale di colore nero e durissimo, secondo solo al diamante), servivano a dare la brunitura all’interno delle lame dei rasoi e delle forbici (salvaguardandoli dalla ruggine), poi si preparavano anche i dischi di feltro, che avevano la funzione di lucidatura ‘a specchio’. La scelta del grasso, la paraffina , le colle (animali) dovevano essere accurate, altrimenti ne avrebbe risentito la qualità dell’esecuzione del lavoro di molatura.
El moleta arrivava nei paesi spingendo per le stanghe una strana carriola su cui si notava in particolare recipiente dell’acqua che, come si è detto bagnava la pietra smeriglia. Poggiata a terra la carriola sulle gambe di legno, el moleta univa con una cinghia di trasmissione la puleggia, fermata all’estremità dell’asse della mola con la ruota grande, libera di girare con un braccio eccentrico (meccanico) allegata a un pedale laterale, che veniva manovrato dal moleta con il piede destro.
In seguito per muoversi con maggior agio e economia di fatica, la pesante carriola, è stata sostituita dalla bicicletta. La mola girava con l’azione della catena collegata ai pedali, mentre la bicicletta-mola poggiava su grosse staffe che teneva sollevata la ruota posteriore. E mentre provava l’attrezzatura , continuava il suo richiamo.
E’ nitido il ricordo che ho della mia infanzia negli anni 50’di questo artigiano. Mi incantavo a guardare il ‘moleta’ che pedalava alacremente e riportava a filo qualsiasi lama, dalle forbici alle accette, dai rasoi alle roncole; chi aveva atteso la molatura, riprendeva il proprio oggetto, pagava e se ne andava, mentre gli oggetti affidati lungo il percorso fino a dove aveva messo la sua ‘officina’, li posava in un ordine che si era adottato e che poi restituiva ai proprietari percorrendo il percorso inverso della raccolta. Non ho mai sentito nessuno brontolare o inveire che si era sbagliato alla riconsegna. Un personaggio, che ancora adesso molti ricordano. Canzoni popolari ne cantano la storia. Un alone di mistero aleggiava intorno a questa figura. El moleta era un uomo che portava notizie, scambiava motti spiritosi e modi di dire di altri posti che lui aveva frequentato, e anche dispensava saggezza popolare.
Qualcosa di bello e importante è andato perso. Possiamo avere in casa anche i coltelli di ceramica, ma…
Per concludere metto un accenno di canzone tradizionale:
Son partì da lontan , con la me mola en man,
Giro la mola n’presa, per guadagnarme ‘l pan.
E sin e son la mola, e sin e son e san,
E l’arte del moleta, l’è ‘n bon mister en man….
Sono partito da lontano, con la mia mola in mano,
Giro la mola in fretta, per guadagnarmi il pane.
E sin e son [rumore onomatopeico della mola) la mola, e sin e son e san,
E l’arte del moleta, è un buon mestiere in mano…
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