E luce fu. Nella corte del castello di Donnafugata. Il commento di Daniele Pavone

E fu luce anche nella corte del castello di Donnafugata. Ce lo comunica Daniele Pavone, piuttosto che l’Amministrazione comunale che in comunicazione continua a peccare. Ed è lo stesso Pavone che offre una dissertazione semiseria che ospitamo.
“Ormai da diversi mesi la corte del Castello di Donnafugata è oggetto di lavori di riqualificazione delle facciate. Uno degli interventi più importanti riguarda l’eliminazione della selva di cavi elettrici penzolanti, rinnovando nel contempo il sistema di illuminazione, e qui viene il “BELLO” in tutta la sua SOGGETTIVITÀ.
Alla visione dei nuovi corpi illuminanti da parete con quella grossa ampolla vitrea, immediatamente la mia SOGGETTIVITÀ suggerisce un’immagine peschereccia, quella notturna delle barche che con le loro lampare illuminano l’acqua per attirare i pesci. Un’immagine BELLA al di là di ogni SOGGETTIVITÀ, caratteristica del nostro Bel Paese da sempre legato alla pesca. Ma i pesci al Castello…!?
L’immagine non è ancora completa… i colori! Bianco e Nero: un magnifico abbinamento in chiave calcistica che si fa notare, ma con sobrietà. Insomma: questi corpi illuminanti hanno uno stile che occhieggia al retrò ma in chiave moderna… ma sono BELLI!? Dipende sempre dalla SOGGETTIVITÀ…
La visione iniziale si allarga al contesto. Ma questo voler intromettere a tutti i costi il moderno in un ambiente che non lo è per nulla è da considerarsi una cosa BELLA!? Ancora una volta lo stabilisce la SOGGETTIVITÀ… e dire che, silenziosamente, un antico lampione da parete con quei suoi riccioli in ferro battuto sembrava quasi proporsi, implorante, di fare da modello, ma niente, “vecchio” direbbe Renato Zero, un ferro vecchio e dunque non più battuto ma abbattuto… eppure per la mia SOGGETTIVITÀ era BELLO, che fine avrà fatto!? Misteri della TUTELA…
Inizio a contarli: uno, due, tre, quattro… ma quanti sono!? Undici su un prospetto, dieci sull’altro, ma sono tantissimi… (altri sei – tre per parte – si trovano sui due prospetti che abbracciano la facciata principale del Castello)!
Un attimo… ma perché dieci su un lato e undici sull’altro!? Guardo meglio… dunque, ogni corpo illuminante disterà forse cinque metri dall’altro, anzi no, questo è meno distante dal precedente, ma il successivo lo è molto di più… ma come!? Forse la distanza tiene conto delle aperture di porte e finestre esistenti ed esistite!? Può darsi, però noto pure che uno interferisce otticamente con uno stipite… La mia SOGGETTIVITÀ suggerisce la confusione e la confusione suggerisce alla mia SOGGETTIVITÀ il BRUTTO – il nemico del BELLO! – ma magari così non è per chi ha concepito questa disposizione: forse la sua SOGGETTIVITÀ riesce a trovare il BELLO nel BRUTTO della confusione, magari interpretata quale riflesso stilistico dell’architettura rurale!?
Si fa sera e luce fu: le lampade a led proiettano una luminosità giallastra, intensa, riesce difficile mantenere lo sguardo a lungo specie dalla breve distanza, i colori e le forme dei corpi illuminanti spariscono alla vista, la visione di insieme suggerisce alla mia SOGGETTIVITÀ una nuova immagine notturna, quella delle bancarelle illuminate da un filare di lampadine. Una BELLA immagine!? La mia SOGGETTIVITÀ suggerisce di sì, ma anche che probabilmente si tratta di una immagine più adatta a una festa di paese…
Venendo fuor di metafora, questi corpi illuminanti sono gradevoli in sé ma non mi piacciono, per nulla. L’effetto notturno è piacevole, a tratti caratteristico, forse un po’ troppo ridondante a causa del numero elevato di sorgenti, ma del resto in qualche modo bisogna ovviare ad una luminosità che diversamente risulterebbe fin troppo scarsa. Ma parliamo della luce nella visione notturna. Il punto è un altro: la visione diurna, quando splende il sole. Questi corpi illuminanti non sono anonimi e discreti, hanno uno stile retrò ma moderno, che si sforza senza riuscire a immedesimarsi nel contesto, nell’identità del luogo; inoltre, la disposizione irregolare, affollata, unitamente alla livrea bicolore che esalta ulteriormente le forme massicce di alcuni componenti, finisce per restituire otticamente un senso di caos che inficia quello della pulizia derivante dall’eliminazione dei cavi penzolanti. Per la mia SOGGETTIVITÀ il senso del BELLO non è rispettato, ma appunto è solo la mia SOGGETTIVITÀ, ed essa si rattrista all’idea che il BELLO possa diventare oggettivo ex cathedra…”

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it