Un intervento straordinario, che segna una svolta nel campo della donazione di organi in Sicilia e rappresenta un traguardo significativo per la medicina trapiantologica italiana. All’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello di Palermo è stato eseguito con successo un delicato prelievo di fegato da un paziente ultranovantenne, un evento eccezionale per l’età del donatore, che […]
E’ estate: alcuni bar e pizzerie cercano schiavi, non lavoratori
21 Giu 2025 06:10
A fine marzo, l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo, International Labour Organization) ha pubblicato alcuni dati riguardanti anche l’Italia. I 24 milioni lavoratori dipendenti hanno mediamente i salari più bassi d’Europa, una tassazione tra le più alte del Vecchio continente e uno dei sistemi previdenziali meno generosi. L’Italia è il Paese del G20 dove i salari hanno subito la più forte perdita di potere d’acquisto dal 2008 a oggi: –8,7%.
Nello stesso periodo, in Francia c’è stato un aumento di circa il 5%, in Germania di quasi il 15%. Addentrandoci sui numeri dell’Ilo, emerge che la riduzione del potere d’acquisto riguarda i lavoratori dei servizi, mentre nella manifattura è cresciuto: nel 2024 i salari reali nei servizi sono del 10% sotto il livello del 1995, al contrario nella manifattura sono sopra del 10%.
Oggi comincia ufficialmente l’estate e con essa sono tornati gli annunci per nuovo personale proprio nel settore dei servizi. Nel ragusano tanti bar, pizzerie, ristoranti, strutture ricettive cercano personale che, in genere, non riescono a trovare, non con la continuità che serve a soddisfare la loro missione d’impresa.
Spesso sono gli stessi bar, pizzerie, ristoranti e strutture ricettive che cercano sempre le medesime figure da anni. Prima hanno dato colpa al Covid, poi al reddito di cittadinanza e ora ai “giovani che non hanno più voglia di lavorare”. Ovviamente non è vera nessuna di queste tre cause. La causa principale è che pagano poco in cambio di turni lavorativi veramente duri, per di più con contratti fasulli o, addirittura, senza.
Si chiama sfruttamento e i ragazzi oggi sono meno fessi che in passato.
Poche settimane fa la tragica notizia della morte di Anna Chiti, che a soli 17 anni ha perso la vita su un’imbarcazione a Venezia senza un contratto di lavoro. Ci sono settori a basso valore aggiunto dove la precarietà viene vista come normalità, un sistema che premia il profitto a ogni costo. I controlli non bastano, la politica non riesce a sovvertire una situazione che perdura da anni, salvo poi esaltare gli straordinari risultati legati al turismo.
Il rapporto 2025 presentato dalla Federazione Italiana Pubblici Esercizi riferito (su dati del 2024) sul turismo ha riscontrato che il 60% della forza lavoro ha meno di quarant’anni, il 50.7% è di genere femminile e il 28.2% è straniero.
Il fenomeno è nazionale. Dall’interessante lettura della rubrica “Cronache” di Alessandro Gilioli su Internazionale apprendiamo che a Roma il comitato “Cercasi schiavo” ha proclamato uno sciopero, svolto ieri, e una manifestazione contro lo sfruttamento del lavoro durante l’estate nel settore turistico. A Trieste i titolari di un noto ristorante, accusati di pagare in nero i loro dipendenti, si sono difesi in tribunale sostenendo che i lavoratori erano d’accordo. A Torino i dipendenti della Carrefour hanno scioperato in massa perché i loro ritmi di produzione sono decisi da un algoritmo che li schiavizza. A detta loro sono trattati come bestie. A Reggio Emilia le operaie di un’azienda tessile hanno scioperato perché dicono che i capi le hanno definite “mucche da mungere”.
Quando imprenditori e dirigenti sono cattivi non c’è Nord né Sud. Il loro dio profitto non guarda in faccia nessuno. Ci sono aziende con turn over ai limiti della comprensione, perché un dipendente non è soltanto una persona alla quale inviare un bonifico a fine mese, quando è in regola, ma una risorsa in termini di professionalità e fedeltà. Non è un caso che molte di queste aziende cessino l’attività perché – dicono – non riescono a trovare lavoratori. No, meritano la chiusura perché non sanno trattare il materiale più importante: la dignità umana.
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