“DUE DONNE CHE BALLANO” PARADIGMA DI UNA SOCIETÀ IN CRISI

“Due donne che ballano” è lo spazio minimale di una quotidianità ordinaria dominata dalla solitudine, dove si gioca la partita tra le due figure femminili. E che figure!

Sulla scena del Teatro Garibaldi, sabato 4 marzo u.s., la stagione di prosa ci ha offerto due straordinarie e pluripremiate attrici, Maria Paiato e Arianna Scommegna, guidate dalla regia gestita con mano ferma dalla talentuosa Veronica Cruciani.

I due personaggi femminili sono figure non scontate, lontane da stereotipi e capaci di sorprendere.

Protagoniste sono un’anziana signora e una giovane chiamata a farle da badante.

Le due hanno denominatori comuni che sono poi l’origine di un’incompatibilità esistenziale comune: entrambe schive, energiche e dotate di un ruvido sarcasmo.

Tra di loro scatta un rapporto di amore-odio e di reciproca dipendenza, che affonda le sue radici nella solitudine delle rispettive esistenze.

Alternano a voluminose litigate e punzecchiature, di un repertorio ben assortito, a momenti in cui riescono a confessarsi l’inconfessabile: hanno sempre “ballato da sole”, esibendo forza e autosufficienza, ma questo incontro darà loro il sollievo di una possibile condivisione di vissuti simili.

L’incontro diventa, per entrambe, l’occasione di una svolta inaspettata e catartica.

Il contesto è decisamente adeguato al carattere e al tenore del dialogo tra le due donne e pensato da uno dei massimi autori del teatro spagnolo contemporaneo, Josep Maria Benet i Jornet, ma poco conosciuto in Italia : il tutto si riduce a una scenografia essenziale, come le luci che illuminano la scena.

La sensazione di un anonimato si muove all’interno di una qualunque stanza, una vecchia credenza, un tavolo e poche sedie, librerie da parete che ospitano la collezione di “giornalini” della signora in là con gli anni, unica ragion d’essere di una vita senza colori.

Il dialogo è sulla traccia di un continuo rimpiattino tra tentativi di dialogo, battibecchi, tra timide aperture e dolorose chiusure.

Un dialogo faticoso, che lascia trapelare la vita grigia dell’anziana e la sua immensa solitudine, mentre la giovane lascia intuire un segreto che poi lentamente emerge come il disagio e la fatica di vivere.

Il finale è lieve e toglie peso a un rapporto difficile. L’individualismo esasperato lascia spazio a un “essere in due” che finalmente riscalda l’anima, consentendo uno sguardo ulteriore, più leggero e se si può più gradevole.

 

 

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