Droga dello stupro: condannato in primo grado, assolto in Appello

Assolto in appello per non avere commesso il fatto: gli si contestava la detenzione e il traffico di sostanze stupefacenti, in particolare la cosiddetta droga dello stupro. Ne aveva ricevuta tanta da poterne ricavare 2.338 dosi medie singole. Un quantitativo ingente e una sostanza particolarmente pericolosa, il GBL – Gamma Butirrolattone. 

Lui è un ingegnere brasiliano che decide di spostarsi in Italia. Lavora in smart working per una società che ha sede in India. Il luogo scelto è Giarratana. Arriva a maggio del 2022. Affitta regolarmente l’abitazione che individua grazie ad un connazionale che crede ‘amico’, stipula un contratto, la casa è a suo uso esclusivo. Ed è proprio quell’amico a metterlo nei guai. Gli chiede se per favore può ritirare un pacco che farà recapitare in quella casa. Il secondo favore è se poi glielo può portare in Spagna dove si incontreranno di lì a poco per un gay pride. 

Scatta l’operazione  

La Polizia intercetta il pacco e attende la consegna. Si apposta. E’il 16 giugno 2022. Il corriere consegna all’ingegnere il pacco. Lui lo ritira anche se sul pacco il nome è quello della persona che credeva amica. Davanti alla polizia prova a contattarla senza avere risposta. Viene arrestato. Arresto convalidato e sottoposto ad obbligo di firma. La sua versione è sempre la stessa. Ha fatto un favore a un amico e non conosceva il contenuto del pacco. L’ingegnere attraverso l’avvocato Vanessa Alecci (sostituto processuale Luigi Stamilla) chiede di essere giudicato con rito abbreviato ma il giudice di primo grado lo condanna: 2 anni e 4 mesi (di più di quanto aveva richiesto il pubblico ministero) e 8.000 euro di multa oltre alle spese processuali. Il giudicante ritenne che le giustificazioni fossero in realtà una strategia ordita per eludere le forze di polizia in caso di controlli.

L’appello e l’assoluzione

Il legale dell’ingegnere si rivolge alla Corte d’Appello di Catania, avverso la sentenza di condanna. E’lo stesso sostituto procuratore generale, rappresentante della pubblica accusa, a sostenere che la giustificazione dell’ingegnere è plausibile. Che uno non risponda al telefono per qualche ora è normale e non avere approfondito le indagini nel rintracciare il ‘vero’ destinatario, renderebbe ragionevole il dubbio della non colpevolezza dell’ingegnere del quale chiede l’assoluzione, o in subordine, la concessione delle attenuanti generiche in modo da potere ridurre la pena tanto da sospenderla. La Corte assolve l’ingegnere con formula piena, quella del ‘non avere commesso il fatto’.

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