DOVE (NON) VOLANO I GABBIANI

            Per chi non sa nuotare la migliore tecnica per non annegare in un punto dove l’acqua non superi i due metri è quella di lasciarsi andare a fondo e poi darsi una spinta per riemergere, respirare e cercare di spostarsi in luogo più sicuro. E’ il metodo adottato dal governo Monti, c’è sembrato di capire anche sentendo la relazione che Giovanni Avola, segretario generale della Cgil di Ragusa, ha svolto durante il recente incontro-dibattito sull’inquinamento delle nostre coste, svoltosi l’undici aprile scorso a Marina di Modica. Nel decreto nominato impunemente CrescItalia – dove, fra le altre amenità, ha inserito pure una norma che raggira i limiti imposti dal Codice di Procedura Civile sulla pignorabilità dello stipendio o pensione, finora non superiore al 20%, che consentirà al creditore di pignorare tutto quanto versato sul conto corrente (reso obbligatorio per chi riceve una pensione o uno stipendio superiore ai mille euro) – questo impareggiabile governo ha dato mano libera alle licenze per la ricerca di idrocarburi in Italia i cui maggiori giacimenti, come noto, si trovano concentrati in Sicilia, in particolare nel tratto di costa che va da Gela a Capo Passero, quindi a casa nostra. E se a rischiare il pericolo d’inquinamento ci guadagnassimo pure qualcosa potremmo piangere con un occhio, come si dice dalle nostre parti, ma sembra che le royalty incassate dalla Regione Sicilia siano state l’anno scorso pari a – leggete bene, mi limito a citare sperando che sia un errore – 45.000 euro: roba da na-babbi, o da cre-tini, se preferite.

            Ora, converrete che trasformare la melma in cui siamo immersi fino al collo dal metaforico al reale sia una cosa assolutamente insopportabile, specialmente se il governo si affanna a spiegarci che, immergendoci completamente, troveremo la spinta per tirarcene fuori.

            Questo il quadro generale dove si inserisce il nostro problema: l’inquinamento delle nostre coste. Per nostre intendo proprio quelle che vanno da Donnalucata a Marina di Modica, in gran parte ricadenti sotto la giurisdizione del Comune di Scicli.

            Nell’incontro-dibattito, cui hanno partecipato i sindaci di Modica, Ispica, Scicli e Pozzallo (rappresentato dal presidente del Consiglio comunale), sono state dette alcune cose abbastanza ovvie: la necessità che la magistratura faccia le indagini, ma che le faccia presto; la necessità di salvaguardare il territorio; la necessità di salvare i posti di lavoro e il futuro delle quasi trecento famiglie la cui attività si svolge e ruota attorno ai due villaggi sequestrati; scongiurare la chiusura dei due villaggi e salvare la stagione. “Se la prevenzione non è servita a scongiurare i fatti accaduti l’estate scorsa e negli anni precedenti”, ha detto in sostanza Enzo Cavallo, presidente del Distretto Lattiero-Caseario, “è bene che si concentrino gli sforzi sulla repressione”.

            Il sindaco di Modica, Antonello Buscema, che ha dato il via alle indagini con la sua denuncia alla Procura di Modica, ha detto che un sindaco molte volte si trova davanti a delle scelte contraddittorie: da un lato salvaguardare la salute dei propri concittadini e, dall’altro, salvare la stagione balneare. Di fronte ad un fenomeno di inquinamento da scarichi di fogna avrebbe dovuto porre un divieto di balneazione ammazzando la stagione? In fondo, le analisi dell’Arpa e dell’Asp hanno escluso un pericolo per la salute pubblica. “Se oggi si riesce a scoprire con appositi strumenti l’acqua su Marte o sulla Luna, perché non si è riusciti finora a scoprire l’origine di queste chiazze?”. Bella domanda, alla quale la magistratura ha risposto sequestrando due villaggi turistici.

            L’intervento più interessante è stato quello del sindaco di Scicli, Franco Susino, arrivato all’incontro in zona Cesarini per impegni connessi al suo mandato, il quale, purtroppo, è caduto nei difetti tipici degli amministratori appena eletti, il primo dei quali è quello di non rispondere per gli anni precedenti il suo mandato. E qui bisogna essere chiari: le risposte che si richiedono non sono rivolte al dottor Susino ma al sindaco di Scicli, quindi non hanno nulla di personale. Se un cittadino denuncia un fatto accaduto nell’estate del 2011 a Sampieri, dove uno di quei tubi che scarica reflui di fogna è saltato, non può dire che l’assessore che ha zittito chi denunciava questi fatti accusandolo di “allarmismo” (altra parola magica) faceva parte della giunta precedente la sua, perché tutto ciò non solo è scorretto, ma anche politicamente poco accorto. Il perché è presto detto: la conclusione di ogni cittadino-elettore potrebbe essere quella di riconfermare l’amministratore precedente se vorrà avere risposte certe, visto che l’alternativa che ha proposto il successore, cioè quella di non rispondere, potrebbe apparire assai sgradevole. In fondo, quello che interessa il cittadino non è sapere di chi siano le responsabilità (anche quelle, ma non è il primo desiderio) che saranno stabilite da chi di dovere, ma se questi inconvenienti di merda si ripeteranno in futuro.

            Altra interessante risposta è stata quella fornita sui tubi che scaricano reflui fognari direttamente in mare. Il sindaco Susino ha detto che sono tre e tutti inattivi; noi, che non saremo dei gran matematici ma fino a cinque sappiamo contare, sosteniamo appunto che essi sono cinque perché li abbiamo visti uno ad uno: il primo a Sampieri, il secondo fra Sampieri e Cava d’Aliga in pieno Parco Costa di Carro, il terzo a Cava d’Aliga sulla scogliera dietro l’ex ristorante “La Scogliera” (nella foto: ammirevole esempio di arte del mimetismo), il quarto nel porticciolo di Donnalucata e il quinto fra Donnalucata e Playa Grande. Alcuni sono segnalati da tabelle del Comune di Scicli riportanti la dicitura: “Scarico di fogna. Divieto di balneazione e di raccolta di frutti di mare”, tanto per essere chiari. Sempre per maggiore chiarezza, alcuni di questi segnali citano la relativa ordinanza (Donnalucata – Lungomare ing. Lentini – ordinanza sindacale n. 64 del 31.3.2006, altre sono del 2010). Resta il mistero degli altri due tubi di cui il sindaco dichiara di non saperne niente: “…Se poi ci sono altri tubi che non sono del Comune ma del Consorzio di Bonifica o di altra amministrazione…”, che ci lascia parecchio perplessi, per due motivi. Il primo è che appare quanto meno singolare che il sindaco di un comune che ha avuto la stagione balneare più disastrosa del dopoguerra dal punto di vista ambientale, sia pure ad undici mesi dall’insediamento, che comunque non sono pochi, non abbia ancora le idee chiare sul numero di scarichi di fogna costieri ricadenti sotto la sua responsabilità né chi sia l’ente “scaricatore” e se esso immetta o no ancora reflui fognari nel proprio mare. Il secondo motivo è che il sindaco non sembra avere cognizione di quale, fra questi cinque tubi, siano quelli “stranieri”. Di tre sappiamo che sono stati tappati e questa è l’unica buona notizia della giornata. Resta sempre da capire “dove” sono stati tappati, “quando” è successo, “quanto” hanno scaricato in mare; evitiamo la domanda sul “cosa” hanno scaricato perché questo lo sappiamo già. Ci interessa in particolare sapere “quali” sono quelli del Comune “tappati” perché, una volta individuati con certezza, abbiamo intenzione di chiedere la rimozione dei divieti e di fare una controprova turandoli con dei sacchi di cemento.

            Ultima, ma non ultima considerazione (last but not least, dicono i sudditi della perfida Albione) è quella sulla funzione della Stampa. E qui veniamo al secondo, grande difetto dei politici, quello di dividere i giornalisti in “amici” (concertisti del “tutto va ben, mia nobile marchesa”) e in “nemici” quelli che si azzardano a dire alla marchesa, secondo varie gradazioni, che forse non va tutto così bene; che va decisamente male; che è tutto uno schifo. La zona grigia fra questi due estremi sarebbe quella degli “allarmisti”, esseri inqualificabili che si ostinano a denunciare quello che – possibilmente – è già percepito dalla pubblica opinione. Questa è l’unica denuncia alla quale è tenuto il giornalista, che ha l’alta funzione sociale di illuminare le tante zone d’ombra che costellano la nostra quotidianità. Le denunce alla magistratura sono competenza d’altre figure, istituzionali o meno, che dovrebbero esser grate alla stampa per avere focalizzato un problema che né loro, né i loro funzionari sono stati in grado di risolvere perché, forse, non ne avevano cognizione, capacità o voglia. Le minacce di ricorrere alla magistratura contro un giornalista per “difendere l’immagine della città” denunciano semplicemente l’incapacità di comprendere che l’immagine si difende con gli atti di buona amministrazione, con l’ascolto quotidiano dei bisogni della gente e con l’abilità di tirar fuori la polvere nascosta sotto il tappeto. Tutto il resto sono solo chiacchiere e distintivo.

            Chiedendo venia ai lettori per averla tirata troppo in lungo – ma quando ci vuole, ci vuole – concludo con la proposta fatta dal segretario Avola di istituire un’Unità di Crisi Preventiva presso la Prefettura di Ragusa per seguire la problematica e intervenire tempestivamente. Dovrebbe essere composta dai quattro sindaci dei Comuni di Ispica, Pozzallo, Modica e Scicli; dalla Capitaneria di Porto di Pozzallo, dalla Provincia Regionale, dall’Arpa e dall’Asp di Ragusa. In fondo, si è chiesto Giovanni Avola, se i depuratori di Scicli funzionano alla perfezione, se gli scarichi del Consorzio di Bonifica non sono colpevoli, se né Marsa Siclà e Baia Samuele inquinano, da dove mai arriva questa melma?

            Questo è un fatto, e i fatti sono testardi, diceva due secoli fa John Adams. Se non si trova un colpevole fra questi soggetti, vuol dire che l’inquinamento è dovuto alle deiezioni dei gabbiani, che volano quasi sempre in alto mare e ritengono sia scomodo raggiungere ogni volta la terraferma per i loro bisogni.

 

Paolo Oddo

 

In margine all’articolo pubblicato ieri su Ragusa Oggi, a firma del buon Michele Giardina, riguardante la prima riunione svoltasi in Prefettura su sollecitazione del segretario generale della Cgil di Ragusa – presenti i vertici militari della Guardia di Finanza, dei Carabinieri, del Nucleo Operativo Ecologico di Catania, della Capitaneria di Porto di Pozzallo, della Questura, i funzionari dell’Arpa, il direttore del Consorzio di Bonifica di Ragusa e dei rappresentanti dei Comuni di Pozzallo, Ispica e Modica -, si nota innanzi tutto che è stato assente proprio un rappresentante del Comune di Scicli, che ha subìto il maggior numero di “avvistamenti” sulle proprie coste. Sappiamo per certo che il sindaco Susino, il giorno successivo al dibattito dell’undici aprile scorso, ha torchiato i propri funzionari per evitare in futuro figure peregrine come quelle rimediate il giorno prima, quando affermava che i tubi che scaricano acque di fogna direttamente in mare erano tre e noi dicevano quattro, diventate cinque in corso d’opera.

C’è da dire, poi, che quando si parla di inquinamento delle coste e, subito dopo, dell’inchiesta che coinvolge i due villaggi turistici di Marsa Siclà e di Baia Samuele (ora si aggiunge anche Marispica), si ingenera nel lettore la convinzione che essi siano coinvolti in tale accadimento mentre, in effetti, le due strutture sono state accusate di traffico illecito di rifiuti e, successivamente, di avvelenamento delle falde acquifere. La precisazione è d’obbligo perché, altrimenti, si corre il rischio di puntare il faro sulla parte sbagliata del problema.

Le dichiarazioni della dott.sa Antoci, dirigente dell’Arpa, sono rassicuranti perché il fenomeno sarebbe dovuto a una pianta che prolifica nei mari puliti. Ora, se la dottoressa Antoci si riferisce a questo periodo dell’anno, non può che avere ragione; se, invece, si riferisce al periodo estivo posso assicurare (insieme a qualche migliaio di bagnanti pronti a testimoniare) che, insieme al prodotto della “marcescenza delle alghe”, puntuale, guarda caso, dalle undici a mezzogiorno di quasi ogni giorno in zona Pisciotto, galleggiano grumi di colore marrone insieme a granuli bianchi, ovvero flocculati, che normalmente vengono utilizzati per la purificazione delle acque reflue nei depuratori.

 Questo sia detto perché, se è vero che non bisogna procurare allarmi ingiustificati, è altrettanto vero che a forza di minimizzare, non vorremmo alla fine scoprire che la posidonia marina ha sviluppato, per effetto dell’evoluzione, un apparato digerente simile a quello dei mammiferi, i cinque tubi segnalati scaricano acque minerali, il tubo a mare di Cava d’Aliga ha una lunghezza regolare e che le segnalazioni dei bagnanti sono il frutto di allucinazioni collettive indotte dalla canicola.

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