DOPO IL CHIANTI, TOCCA A MONTALCINO

Di Montalcino si può affermare senza timore che sia una delle poche enclave vitivinicole presenti nel territorio italiano. Il termine enclave esprime perfettamente la diversa realtà di terroir di Montalcino rispetto al resto della Toscana. Qui a Montalcino si è arrivati a un binomio perfetto tra territorio e sangiovese. Sono poche le zone vitivinicole che abbiano raggiunto questo livello qualitativo di legame, poche in Italia e poche anche nel resto del mondo.

Qui, in questo territorio, si sono prodotti alcuni tra i vini più longevi al mondo, grazie al perfetto equilibrio che la maturazione del sangiovese riesce a raggiungere nelle migliori annate. Un Brunello di Montalcino di grande annata non ha assolutamente nulla da invidiare ai più grandi Bordeaux. Certo sono vini molto diversi e indubbiamente i nostri gusti personali possono farci preferire l’uno o l’altro. Ma il vino non va valutato per i nostri gusti, ma per l’equilibrio e la sua capacità di esprimere il territorio. È l’acquisto di una bottiglia rispetto a un’altra che si valuta per il gusto personale. Il Brunello di Montalcino rientra tra questi pochi vini al mondo capaci di esprimere questo binomio.

Cosa sta succedendo a Montalcino? Ricordiamo tutti lo scandalo scoppiato qualche anno fa’ sul Brunello di Montalcino. Alcune aziende vitivinicole avevano etichettato come Brunello vini in cui erano presenti in diversa misura merlot o cabernet sauvignon, mentre il disciplinare di produzione prevede che il Brunello sia prodotto solo da uva sangiovese.

Il motivo che ha spinto alcuni produttori a inserire questi vitigni internazionali nei propri Brunello, non è univoco, ma si può ricondurre a due fattori principali, che non si escludono forzosamente l’uno l’altro. Il primo motivo è che il sangiovese è un vitigno da cui si ricava un vino con una grande percentuale di acidità; questo fa sì che si posizioni lontano dal cosiddetto gusto internazionale, che vuole vini particolarmente rotondi, morbidi e anche impenetrabili nel colore. Una parte di questi produttori ha pensato di venire incontro ai gusti del mercato, dando maggiore morbidezza, facilità di approccio e maggiore colore ai propri Brunello, inserendo merlot o cabernet sauvignon. Il secondo motivo è che molti vigneti, destinati al Brunello, non godono di un terroir abbastanza eccellente, come le migliori espressioni a cui arrivano altri. È inutile negare che esistono vigneti in grado di dare sangiovesi migliori rispetto ad altri. E in Francia, o almeno nelle migliori zone vitivinicole francesi, piaccia o meno, questo l’hanno capito da tempo. Per colmare questo distacco, si cerca di nascondere certi limiti del vino con l’apporto di vitigni internazionali. Ripeto, i motivi non sono solo questi due, ma sicuramente i più importanti.

Dopo lo scandalo del Brunello, proprio come è successo prima con il Chianti Classico, molti produttori si sono interrogati sui due disciplinari più importanti di Montalcino: il Brunello di Montalcino, che fortunatamente non viene messo in discussione, almeno per il momento, e il Rosso di Montalcino, disciplinare che si vuole modificare.

Il Rosso di Montalcino è la DOC di ricaduta, creata per le viti giovani, che in futuro saranno destinate al Brunello di Montalcino. La possibilità di inserire vitigni internazionali nel Rosso di Montalcino spaventa, perché, visto il fortissimo legame tra i due disciplinari, è abbastanza ovvio che prima poi si porrà anche il problema per il Brunello, con il terrore da parte di molti che si verifichi lo stesso risultato che col Chianti Classico.

Invocare i tempi cambiati e prendere come esempio i SuperTuscans non è un valido motivo, a mio parere, per modificare il disciplinare del Rosso di Montalcino e tanto meno, in futuro, del Brunello di Montalcino. Allo stesso tempo, impedire di sperimentare non serve a niente, ma chi sperimenta deve contare con le proprie forze e imbottigliare, rinunciando alla DOC Rosso di Montalcino. D’altronde se il prodotto sarà valido, riuscirà a farsi strada proprio come hanno fatto i vari SuperTuscans. Anche perché ci vuole molto tempo, per valutare i frutti della sperimentazione nel campo vitivinicolo e una modifica così affrettata sembra nascondere semplicemente la richiesta di una sorta di condono.

Se si vuole discutere su cambiamenti d’apportare ai disciplinari, caso che riguarderebbe il Brunello di Montalcino, ma che sarebbe bene trattare anche per altri disciplinari italiani, si dovrebbe trattare quello del periodo minimo di permanenza del vino in botte. L’obbligo di permanenza del vino in legno, come minimo per due anni, come vuole la DOCG Brunello di Montalcino, è imposizione discutibile, poiché un’annata meno fortunata risulterà meno sconvolta da un minore periodo di permanenza nel legno, guadagnandoci nonostante i limiti obbiettivi dell’annata.

 

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