Donne e lavoro: in Sicilia meno di 4 donne su dieci sono assunte e le retribuzioni sono inferiori. E a Ragusa?

Meno di quattro donne su dieci lavorano nell’isola e quelle che lavorano ricevono retribuzioni nettamente inferiori rispetto agli uomini. La Sicilia si posiziona costantemente agli ultimi posti nelle classifiche europee per l’occupazione femminile.

La disparità di genere ha un impatto significativo sull’economia dell’isola: l’Eige ha dimostrato che la parità di genere potrebbe contribuire a un aumento del PIL fino al 12% nel 2050. Ridurre il gender gap è visto come un investimento culturale, sociale ed economico che potrebbe portare a un rilancio dell’economia regionale.

La Cisl Sicilia sottolinea la necessità di utilizzare le misure e gli interventi previsti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per favorire la parità di genere nel mercato del lavoro. Ad esempio, le aziende che ottengono la certificazione di parità di genere possono beneficiare di incentivi fiscali e finanziari.

La soluzione proposta dalla Cisl Sicilia è quella di favorire il confronto tra imprese, istituzioni e parti sociali per costruire un nuovo modello di lavoro e sviluppo che promuova la parità di genere.

La segretaria confederale della Cisl, Daniela Fumarola, evidenzia l’opportunità offerta dal PNRR e sottolinea la necessità di creare lavoro stabile e sicuro per le donne. Rafforzare gli sgravi fiscali e contributivi per favorire l’assunzione e la permanenza delle donne nel mercato del lavoro è considerato essenziale.

In sintesi, la situazione dell’occupazione femminile in Sicilia è critica, ma esistono opportunità e misure per migliorare la parità di genere e favorire lo sviluppo economico e sociale dell’isola.

LA SITUAZIONE A RAGUSA

A Ragusa, le donne occupate sono 26.2015, a fronte dei 46.808 uomini. I dati sono stati forniti dal dottor Gianni Vindigni del centro per l’impiego di Ragusa. Secondo i dati forniti, che risalgono all’anno 2022, è l’agricoltura il settore trainante del lavoro. Si tratta di donne occupate, per lo più, stagionalmente. Seguono i settori alberghi e ristoranti, istruzione e sanità, commercio, industria, costruzioni, qualifiche professionali.

Gianni Vindigni, spiega: “Quando parliamo di donne in agricoltura ovviamente s’intendono anche le straniere regolari sul nostro territorio. Naturalmente, non possiamo avere contezza del lavoro sommerso”.

E in merito alle assunzioni nel campo dell’agricoltura, Vindigni opera un’opportuna distinzione. Da un lato vi è l’agricoltura estensiva, cioè quella costituita da agrumeti, vigneti, uliveti. Qui, i lavoratori vengono usati stagionalmente per poi percepire l’indennità di disoccupazione quando il lavoro termina. Vi è poi l’agricoltura intensiva, ovvero principalmente quella serricola. In questo caso, il lavoro consiste in 12 mesi pieni. Si chiede Vindigni: “Mi dovrebbero spiegare com’è possibile qui dare le giornate per riconoscere la disoccupazione”.

Ma perché le donne fanno ancora fatica ad essere assunte? Vindigni, spiega: “Certamente la mentalità che la donna debba restare l’angelo del focolare domestico non esiste più. Però, capita che al momento dell’assunzione nei settori privati, molti imprenditori si pongono il problema del periodo in cui la donna può andare in gravidanza o avere una famiglia. Questa è la mentalità che va cambiata ma allo stesso tempo sarebbe giusto aiutare le imprese con opportuni sgravi fiscali. E’ anche vero che ad esempio al Nord una donna che lavora riesce a collocare i bambini in strutture adeguate molto più facilmente, cosa che non accade da noi. Penso che debbano essere le istituzioni a risolvere questi gravi problemi che non aiutano le donne a inserirsi facilmente nel mondo del lavoro”.

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