Don Paolo Catinello lascerà a breve Pozzallo per trasferirsi a Noto. Un prete forte e di grande cultura

A breve  don Paolo Catinello,  lascerà le comunità parrocchiali ( S.M. di Portosalvo e San Paolo apostolo), per servire il suo Dio a Noto ( chiesa S.S. Crocifisso ).

Giunto a Pozzallo il 4 settembre 2016, don Paolo si è subito rivelato un prete forte, di grande cultura e sempre impegnato al servizio di tutti. In questi due anni  di attività pastorale nella città marinara, è riuscito con l’affabilità delle sue maniere a conquistare la stima e l’affetto dei fedeli. È davvero tanta l’energia che promana da don Paolo Catinello, perché sono tante le caratteristiche che delineano la sua eclettica personalità : una delle quali , quella di essere un prezioso amico della gente. Con lui anche i più assenteisti sono diventati costanti nella partecipazione alle funzioni religiose.

Abbiamo fissato un appuntamento a Portosalvo. È gentile, sorridente, i suoi modi sono estremamente contenuti, lievi.

 Don Paolo, lei due anni fa’  è venuta a Pozzallo a spiegare , a coloro che lo desiderano, il Vangelo.  Cosa ha riscontrato in realtà, la gente ha voglia di ascoltare la Parola di Dio?

In questi giorni ho incontrato tanta gente , che informata della mia nuova nomina ,  ha esclamato: ” Ed ora come facciamo con la lectio divina?  Lei è impareggiabile nella spiegazione. ” E questo per me è stato motivo d’orgoglio e di gioia. Ciò vuol dire che c’è gente che ha fame di conoscenza della Parola di Dio, della volontà del Signore. Persone bisognose di fede, fede intesa non come religiosità vuota, ma capace di coinvolgere la nostra esistenza.

Quali sono le fasce di età che partecipano di più alla vita sacramentale :bambini, giovani, adulti, o anziani?  E se lei dovesse dare le pagelle, che voto darebbe ad ogni fascia?

Il coinvolgimento maggiore è stato delle fasce di adulti e bambini, per via del catechismo. Scarso, la fascia dei giovani. Forse per raggiungere i giovani bisogna rimodulare il nostro linguaggio , perché in fin dei conti, anche loro son bisognosi di scoprire il Signore.

 Lei ha servito con amore e dedizione queste due comunità di parrocchie, quali sono secondo lei , i mali che più affliggono queste comunità?                                               

Più che mali , io ho riscontrato fatiche. La fatica nel condividere certe esperienze in maniera comunitaria, di rimanere imprigionati nella logica del gruppo. Ma il Signore ci salva come popolo, e non come appartenenza ad un gruppo.

Ogni fedele vuole sentirsi protagonista della pastorale ne non solo fruitore. La Chiesa può offrire in tal senso, iniziative capaci di affrontare la sfida del ” fai da te”? 

Questa è una delle grandi sfide che è divenuta oramai una mentalità corrente. Ognuno vorrebbe una chiesa  a propria misura . Ma la grande sfida sta nella dimensione ecclesiale , la logica che privilegia il “noi” all'”io”,  ed è quella che il Signore ci ha insegnato.

Più volte nelle sue omelie lei parla di una Chiesa  “più evangelicamente povera” e deplora con dispetto dei benpensanti, le carenze morali profonde di un sistema economico, sociale, politico, culturale, la troppa debolezza di un mondo che ama chiamarsi con enfasi, “libero”, ma è ben lungi dall’esserlo.

Lei ha detto bene,  e sono d’accordo con lei. In realtà non si è liberi quando ci si affida troppo alle strutture, alle risorse. Si, ne abbiamo bisogno, ma il Vangelo passa attraverso il contatto umano, attraverso l’abbraccio. Un noto teologo del Novecento asseriva: ” il nostro è un Dio onnipotente e onniabbracciante”.  E poi le dirò , che più la Chiesa è povera e più riesce a raggiungere gli uomini.

Qual’è l’oppressione che più umilia il povero?   

Quella di non essere considerato. Un dono non accompagnato da un sorriso, rende la carità vuota.

Lei è un confessore, e noi siamo un po’ tutti peccatori.  Secondo lei qual’è il peccato che merita più comprensione?     

Veda, sono sacerdote da quasi tre anni,  e c’è una vasta gamma di peccati che la gente confessa. Senza dubbio alcuno, la sofferenza, le delusioni, le incomprensioni, la difficoltà di riallacciare i legami coi parenti.

E qual’è l’errore o il traviamento, nel quale si cade con più frequenza?   

Il comandamento più disatteso  è quello relativo alla giustizia sociale. Non riconoscere che c’è un altro diverso da me a cui tuttavia spetta ciò che è suo, per metterlo in una condizione di uguaglianza delle opportunità.

Che rapporto c’è a Pozzallo tra politica e Chiesa? 

In questi tre anni di vita a Pozzallo ho potuto sperimentare una disponibilità a lavorare in sinergia.  Ho trovato sempre la porta aperta.

Cosa s’ aspetta la gente dalla Chiesa?  E la Chiesa cosa può offrirle? 

Vorrei rispondere citando Papa Francesco.  Più tenerezza, più vicinanza, soprattutto a chi è nel dolore, nella sofferenza, nell’emarginazione.

Don Paolo, un ultima domanda:  c’è un episodio, un avvenimento, legato alla sua attività pastorale  svolta a Pozzallo, che le rimarrà indelebile?       

Si, in particolare due episodi, l’ aver dato accoglienza ad una famiglia sfrattata, e ad un ragazzo del Mali, distrutto per aver perso il fratello durante la traversata, nella mia canonica. Due esperienze che mi hanno fatto conoscere e amare ancor più Gesù Cristo. E poi il dolce ricordo di tutti voi , miei cari fedeli, per l’amore manifestatomi, giorno dopo giorno,. Vi porterò sempre nel mio cuore. Grazie, grazie a tutti voi.

E noi invece ringraziamo don Paolo per averci guidato con la dolcezza e la pazienza di un padre amoroso .                         Giovanna Cannizzaro

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