DIETROFRONT DEL GOVERNO SULLE NORME PRO-TRIVELLE: VITTORIA DELLE ASSOCIAZIONI E DEI MOVIMENTI AMBIENTALISTI

Il governo fa un passo indietro sulle norme pro-trivelle, -in questo modo- commentano gli ambientalisti-il governo ammette di aver appoggiato l’interesse dei petrolieri a sfavore dello sviluppo sostenibile, adesso si attende la presentazione degli emendamenti, fatte le correzioni necessarie alla Camera.
Come da noi sostenuto da sempre e ora ammesso dal Governo – continuano gli 
ambientalisti – già nel 2012 era stata compiuta dal Governo Monti una intollerabile 
forzatura(con l’art. 35 del decreto legge 83/2012) con lasanatoriadelle procedure 
autorizzative in corso anche per attività offshore di prospezione ricerca e coltivazione
 di idrocarburi in mare che insistessero nell’area di interdizione delle 12 miglia dalla 
costa istituita per legge. Ora questo errore è stato corretto tardivamente dal Governo 
Renzi facendo salvi solo i titoli concessori già rilasciati. Inoltre, con i suoi emendamenti il 
Governo ammette che queste attività non potevano essere considerate 
“strategiche” e quindi godere di procedure accelerate che non consentono trasparenza 
nelle decisioni,  partecipazione e informazione per i cittadini e intese forti con le Regioni, 
come era stato imposto dal Governo Renzi con il Decreto Sblocca Italia (comma 1 
dell’art. 38 del decreto legge n. 133/2014) e che era sbagliato prevedere che le 
concessioni trentennali per le trivellazioni potessero essere rinnovate anche per più 
decenni, costituendo non un diritto acquisito a termine ma una servitù senza limiti di 
tempo (comma 5 del decreto legge n. 133/2014).”
 Le mobilitazioni sia del movimento No-Triv che delle associazioni ambientaliste  (FAI, Greenpeace, Legambiente; Marevivo, Touring Club Italiano e WWF), ha avuto i suoi
effetti, ottenendo un primo importantissimo riconoscimento, vagliando la possibilità
effettuare un referendum, sugli argomenti di principale interesse.
Questo dimostra, quanto improvvisate e strumentali fossero le norme pro-petrolieri, 
che hanno messo a rischio l’ambiente marino e le economie del mare (turismo e 
pesca), pur di andare a sfruttare giacimenti che non risolvono i nostri problemi 
energetici (le riserve petrolifere individuate nei nostri fondali coprirebbero il fabbisogno 
nazionale solo per 7 settimane). Ora, dopo gli impegni assunti a Parigi, ci auguriamo 
che il Governo abbandoni la ricerca selvaggia e improduttiva agli idrocarburi e butti 
nel cestino la Strategia Energetica Nazionale (SEN), pro-fossili, prendendo finalmente 
la strada maestra di un Piano per il clima e l’energia che punti alla de carbonizzazione 
dell’economia. Le scelte energetiche, per i loro importantissimi effetti che hanno sul 
clima, non possono essere gestite con norme spot contraddittorie, ma meritano di 
essere inserite in un disegno più organico”, dicono gli ambientalisti.
Gli emendamenti non rispettano totalmente le richieste delle Regioni, in primo luogo perché è stata prevista la cancellazione del “Piano delle aree”, dove svolgere attività di ricerca e coltivazione, degli idrocarburi e ciò di fatto non consente lo svolgimento della Valutazione Ambientale Energetica, e poi perché mantengono il periodo di 6 anni  per le attività di ricerca derivanti dal titolo concessorio unico

 
   
       
 

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