È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
DIALOGO CON UN AMICO LONTANO
21 Nov 2016 14:36
:< La mia città è diventata un ” far west”.Si convive con la delinquenza e con la mafia,con la droga e la prostituzione. Ogni incontro è uno scontro. il conflitto è permanente. Da noi domina la paura e l’insicurezza. Non c’è più futuro per noi e per i nostri figli> _ Risposta : <la mia città è differente!>.
< Ragusa è una bella e serena realtà municipale, ricca di storia e di arte,di beni culturali e di antiche tradizioni popolari e religiose ma soprattutto è diversa sul piano sociale e morale perché è una sacra comunità di singoli individualità dai contorni netti e dalle personalità buone e relazionali. Dopo la rifondazione post terremoto del 1693 per risorgere si è affidata alla sua anima migliore fatta di qualità virtuose e capacità fabrili e ha trovato nelle generazioni di allora e successive una disponibilità a progredire a forza di volontà e di spirito di progettualità per garantire a qualunque prezzo ai propri figli un futuro di pane e lavoro quotidiano “sudato”,una dose quotidiana di libertà e istruzione per aprire l’ascensore sociale cittadino e costruire una città migliore e felice per tutti. Quella società cittadina aperta,disponibile e cooperativa aveva una ricchezza spirituale e morale che garantiva anche ai poveri una salute di coesione e una condizione di distribuzione sociale del minimo vitale e la socializzazione dello spirito della democrazia popolare e progressiva. Ragusa non è stata malata di pregiudizi ideologici e discriminatori. Non ha coltivato i conflitti e le gelosie delle caste prevenzione,non si è schierata al suo interno a difendere e conservare i privilegi e posizioni favorevoli di benessere proprio a scapito di quello delle masse del suo popolo. Non si è chiusa nella avarizia e nella lussuria dei parvenus cultori del denaro e del gioco ,malattia comune ai nobili e ai ricchi.Non si è troppo ammalata di ideologia della differenza sociale e culturale,ma si è affidata alle qualità di ripresa di una sana imprenditorialità per ricostruire un popolo nuovo,in un nuovo territorio,una città,” una Ragusa da amare “(Mimì Arezzo). Questo tratto vocazionale ha favorito un processo di protagonismo dentro le vecchie classi sociali che non è stata una mutazione ibrida ma culturale e direzionale per qualità di progresso materiale e spirituale. La storia della rinascita del popolo ragusano comprende non solo un progetto di città ma anche di classe dirigente allargata, non solo un aggregato di ceti di convenienza ma soprattutto una leadership innovativa e moderna composta di nobili, borghesi e contadini,di massari e artigiani artisti e creativi con maestranze intelligenti e laboriose apprezzate per l’etica e la capacità di lavoro onesto e competente. Iniziò così il lungo periodo di un corso benemerito di questa classe dirigente aperta e moderna che ha nello spirito della borghesia produttiva la molla economico sociale e nella nobiltà del cuore la fedeltà alle proprie tradizioni sociali, culturali e religiose come sostrato di una nuova idea di popolo e di città. Il risultato di questa progettualità di impianto è stato un cammino di evoluzione e di progresso ininterrotto fino a che,venuto meno il livello organico e responsabile della direzione politica generale ed è scoppiata la guerra per tribù e la pratica del sistema degli accordi di interessi di parte e di convenienza. Si diceva sino a poco tempo fa che il popolo ragusano è stato,è e sarà sempre moderato e conservatore come se avesse ricevuto dal destino e dalla sua storia l’impulso forte a non rischiare e a capitalizzare le rendite di una feconda proprietà di piccole e medie aziende e masserie. In questa analisi in realtà si assume come panopticon della ragusanità e suo tratto distintivo non il dato oggettivo degli eventi più significativi(nascita di una provincia,nascita di una diocesi,esplosione di una classe di imprenditori sani e creativi,un sindacato dei lavoratori con un ruolo generale di responsabilità e capacità di direzione e di governo. Questo nodo andrebbe sciolto per ricomprendere,specificare e valutare la terribile crisi della fine del secolo a Ragusa.Il discorso interessa tutte le realtà municipali di Ragusa,di Modica,di Ispica e Pozzallo e di Comiso,Vittoria e Acate.Discorso a parte e autocritico andrebbe fatto e sviluppato per Chiaramonte,Giarratana e Monterosso Almo la politica turistica e dei beni culturali e per la fondazione coloniale di una Università a Ragusa,cieca e mutilata,senza prospettive. In senso metaforico non ci sono le bandiere dell’avvenuto decollo ma quelle a mezz’asta di una lunga e tormentata stagnazione che ha coperta di nebbia il cielo di Ragusa e della provincia. Non ci sono più in giro,è vero, i segni distintivi del potere,dell’appartenenza di classe e di ceto: né lo “scialle” dei popolani, né gli abiti di elites ,né i ricchi gioielli dei vecchi nobili. Tutto è grigio e dimesso in attesa di una palingenesi , a futura memoria. Le differenze sociali ci sono ma non sono più segni vistosi di distinzione antropologica e sociale, ma espressione “culturale” di un moderno e generalizzato stile di vita “liquido”proprio della ideologia consumista dominante, diffusiva e pervasiva. La differenza personale e sociale è in fondo accettata e considerata come un patrimonio prezioso, comune e condiviso, sia dalla persona che dalla città. Questo é in fondo il nuovo carattere sacro e identitario di appartenenza civile ad un popolo intelligente e lavoratore,virtuoso e risparmiatore, fatto di contadini e seminatori,di bravi artigiani e imprenditori originali,di emigrati e di immigrati che si sono ritrovati da ogni parte in questa terra e in questo mondo vitale accogliente,aperto e sociale,buono e solidale. Progressivamente e proficuamente è stato accettato,confermato e sviluppato un costume religioso e razionale di vita collettiva fiduciosa,legale e democratica prodotta dalla buona volontà e dalla saggezza di una gente per bene, buona,seria e corresponsabile. La società ragusana vive ,quindi, sopra una base comune,fatta di fede cristiana e di tutela dei propri giusti interessi con una rara fiducia associativa reciproca,ispirata alla sobrietà della vita individuale e sociale e ad una paziente ri-negoziazione di comportamenti civici di relazione e collaborazione discreta,distinta e corresponsabile. Tutto questo avviene e si coniuga in una nuova sintesi di cittadinanza attiva nei passaggi del testimone tra i vecchi e nuovi cittadini provenienti dalle periodiche ondate migratorie. In questo modo si è consolidato un costume di etica pubblica che favorisce e rinnova la comune qualità della vita e fa crescere la coesione e l’armonia nella città e riduce i conflitti alla loro fisiologica manifestazione iniziale. Crescono così insieme sia la cittadinanza onesta e laboriosa che l’identità socioculturale della città di Ragusa.In questo singolare modus vivendi un ruolo importante oltre al costume originario degli indigeni concorre in buona parte la Chiesa Cattolica e la sua CARITAS con i progetti di assistenza,accoglienza e aiuto. Da questo indubbiamente ri- nasce e si conferma e consolida, ad ogni passaggio umano e culturale, il primato di valore della nobiltà del cuore e la serietà morale e professionale di ogni impegno di lavoro. Allo stesso modo con un sano protagonismo di persone e di gruppi etnici cresce e si rinnova nella nuova società aperta uno spirito utopico e costruttivo di senso civico ispirata ad una superiore etica pubblica di solidarietà e di mutua collaborazione.Certo ci sono problemi e scoppiano nel primo inserimento civile,sociale e lavorativo ma c’è negli anziani(per esperienza!) una qualità di discernimento e di gestione delle tensioni per migliorare il proprio essere ed il proprio agire in vista di una maggiore e tranquilla felicità cittadina. Le nuove generazioni trovano sin dalla più tenera età esempi luminosi e virtuosi:in una parola un costume di ascolto e tolleranza,una consuetudine alla discussione e alla partecipazione che permette e favorisce la buona e corretta integrazione reciproca di responsabilità nei quartieri. Un ruolo di struttura e di cultura dell’accoglienza e della integrazione svolgono a livello politico il SINDACO e la municipalità,la religione con il Vescovo e le parrocchie e,sul piano della economia,gli incentivi delle organizzazioni sociali e categoriali in uno con il non profit della Caritas.In un certo senso a tutti è offerta la possibilità sia di salire sulla scala” credente” di Giacobbe,a prescindere dalla confessione religiosa che di prendere il laico e neutrale ascensore sociale delle virtù civiche,delle istruzioni di merito e della promozione della libertà e della partecipazione. In altri termini le due vie della fede e della ragione sono a tutti offerte ed accessibili per diventare cittadini maturi e impegnati in una città, moderna,educativa e armoniosa, della speranza e della certezza che esiste ed è alla portata di ogni cuore buono e di ogni intelletto onesto una vita personale e comunitaria “migliore e veramente felice”.Ogni città attraversa tre fasi di verità e di socialità,di cultura e struttura della relazionalità superando scetticismo e indifferenza,nihilismo e relativismo. La prima fase è quella della abitazione e della confusione,la seconda è quella della collaborazione economica-sociale per vivere meglio insieme (fase “borghese” dell’avere e del patrimonio in conto proprio!),la terza fase è quella dello specchio e della profondità dove si scopre nella visione del volto umano dell’altro l’identità comune e la differenza specifica:l’umanità dello sguardo e dei modi unitamente al sorriso di incontro umano e di parola che accoglie e indica nella personalità cittadina una via di verità e di futuro “insieme”.(fase della ricchezza e della povertà della medesima e comune proprietà “umana”) da cui scaturisce un mutamento antropologico e un cambiamento socioculturale :l’utopia credente e razionale della città migliore. Essa è infatti quella che non solo vive bene in generale ma sa vivere in società spegnendo i conflitti dell’avere,seminando le buone virtù della cultura cittadina della libertà che è partecipazione e interiorizzando buone idee e valide proposte per meglio accogliere e valorizzare ogni persona e ogni gruppo etnico e mondo vitale. Per descrivere l’imprinting antropologico culturale dei ragusani si potrebbe dire con S.Giovanni Bosco che essi sono:
< Buoni Cristiani e Onesti Cittadini >.
A Ragusa non è attecchita, pertanto, la logica distruttiva e vendicativa della violenza e della prepotenza e la città,pur in presenza di patologie sociali,vecchie e nuove, non è accecata dalla follia omicida né dalla egemonia di un individualismo cieco di massa che emargina e violenta, brucia e divora soprattutto i più deboli, i disoccupati e gli immigrati,i giovani soprattutto.
RAGUSA è la Città utopica dei tre ponti,che parlano ai ragusani e ai visitatori di ieri,di oggi e di domani del tempo che scorre .Ragusa così vive della sua strutturale ed intima vocazione identitaria piena di promesse e speranze. Da questo punto di vista è un luogo antropologico ideale,un contenitore di futuro antico sempre in cammino,mediante una relazione dinamica di certezze del presente e fascino evocativo del suo passato. Ragusa in fondo è nata come forza di vita municipale e come speranza di vita migliore. Ragusa non è solo una realtà e una funzione, di riferimento e di aggregazione nel tempo e nello spazio; ha un seme di idealità che la distingue e la porta a crescere dentro la sua mente e il suo cuore attraverso il contributo delle sue generazioni e il patrimonio delle sue creazioni. Ragusa ,quindi,è un sogno,un’idea necessaria di buona convivenza,una “perenne metafora della città ideale”,un progetto aperto di valenza universale di tipo analogico e multiculturale: < de urbe condenda >.
Per questo il suo futuro lo trovate già virtualmente inscritto nella mente e nel cuore dei suoi cittadini che si succedono e si trasmettono questo capitale invisibile (un dna come sostrato spirituale e storico!) che è dentro il suo patrimonio archeologico e architettonico, nelle strade del territorio antropizzato,nei sogni della sua gente,nei borghi delle sue integrazioni di prossimità, antiche e nuove. Il bisogno della espansione ,apparentemente è < villettopoli >,ma sostanzialmente è una nuova e moderna < pentapoli civile>. non tanto per speculazione quanto per la ricerca della vita migliore,con un assetto più armonico e utile di ecologia umana,cosmica e spirituale. E’ il sogno e la nostalgia del Giardino delle origini e del futuro dove “Dio passeggiava con Adamo ed Eva”( ).Questo è in realtà a ben vedere la verità profonda di vocazione ed aspirazione di ogni uomo degno di questo nome,perché l’ uomo è sempre,in fondo,< una parola di Dio che non si ripete mai >(Karl Adam) e non è una “post verità” di interesse monetizzabile:”è homo ludens”,un bisogno gioioso della sua creazione, dell’anima della sua avventura nel Paradiso Terreste quando incominciò con il sudore della fronte a lavorare e guadagnarsi il pane quotidiano indossando i panni del “perenne emigrante”, più per necessità che per spirito di avventura alla ricerca di una vita felice e migliore per i suoi figli ed il suo popolo, nei vari continenti della Terra ed oggi nel rischioso e pauroso mondo globale. Ieri i primi a partire erano i lavoratori. Oggi i primi a partire sono i giovani che,come diceva Giorgio La Pira,< sono come le rondini e vanno
verso la primavera > .Intanto possiamo dire con Pippo Fava,indimenticabile martire della libertà e della resistenza al potere mafioso siciliano che bisogna visitare e venire a Ragusa e alla sua:”Dolcissima IBLA” per trovare un vero e proprio rifugio degli uomini migliori.
A Ragusa,in questo “presepe vivente”,si impara a diventare uomini buoni e “concittadini di Nazareth”,almeno per una volta nella vita, senza perdersi nell’incanto di una notte di Luna calante camminando con i gatti nelle viuzze di altri tempi e di sogni antichi.
Luciano Nicastro – filosofo e sociologo ragusano
© Riproduzione riservata