DEVO ANDARE A PRENDERE IL BAMBINO CHE ESCE DALLA SCUOLA !

Sono stati pubblicati i risultati di una indagine dell’ Istituto di Scienze e tecnologie della cognizione del Cnr Nazionale, promosso dal Policy Studies Institute di Londra, condotta in 15 Paesi del mondo,  tra cui Italia e Germania, da cui risulta che l’autonomia di spostamento dei bambini italiani nell’andare a scuola è passata dall’11% nel 2002 al 7% nel 2010. Per fornire un metro di paragone l’autonomia dei bimbi inglesi è al 41% e quella dei tedeschi al 40%.

Noi genitori italiani accompagniamo i nostri figli a scuola, siamo in tanti, una moltitudine, rispetto agli altri Paesi. A ben guardare gli ingorghi in prossimità degli istituti scolastici, non solo dei livelli inferiori, lo studio potrebbe risultare superfluo.

Da un articolo sulla notizia, e dalla moltitudine dei commenti, apparsi su uno dei più importanti quotidiani nazionali, si evince che la problematica è uniformemente spalmata su tutto il territorio nazionale: non vale nemmeno fare distinzioni fra la grande città e il piccolo centro di provincia, fra la deserta località turistica e il piccolo borgo antico.

La questione induce  a diverse riflessioni sull’argomento. Senza dubbio influisce moltissimo la mentalità di un popolo: se capita di finire in Germania, in Inghilterra, in Francia, si possono notare lunghe file di bambini e ragazzi che vanno a scuola, da soli, fin da piccoli, a piedi. Non è che da quelle parti non esistono criminali sulle strade, si tratta di un diverso grado di civiltà. Civiltà perché si manda il figlio nella scuola vicina, non in quella a cinque kilometri da casa perché c’è il compagno dell’anno precedente o la maestra o il professore più bravo, nessuno si preoccupa di quali impianti e attrezzature sportivi goda la scuola, piuttosto si guarda all’ambiente sociale, con la complicità di dirigenti che pilotano illegalmente la composizione delle classi.

E’ indubbio che, almeno dalle nostre parti, sulla strada da casa a scuola non mancano zingari, loschi figuri e persone, magari solo apparentemente, poco affidabili, come è certo che non si vedono vigili urbani e poliziotti di quartiere che renderebbero sicuro il percorso giornaliero, se a ciò si aggiunge che pochissimi vanno a piedi a scuola il resto è fatto. Ma il grado, se non di civiltà ma certo di maturità, si rileva osservando che mai i genitori si sono preoccupati di esigere dalle autorità, scolastiche e comunali, più bus in determinate fasce orarie, percorsi protetti per i bambini, trasporti dedicati con mezzi pubblici, maggiori controlli sulle vie e per l’osservanza dei segnali che indicano la vicinanza di una scuola, cosa questa, da noi, del tutto sconosciuta, non si vedono nemmeno i segnali. Ci si preoccupa, piuttosto, di lamentarsi per i compiti assegnati per il lunedì o di pesare con la bilancia lo zaino.

Sicuramente padre, madre, figli e, forse, anche i nonni, vanno in palestra, ma obbligare il figlio ad andare e a ritornare dalla scuola a piedi non se ne parla.

Per quello che si è detto, si comprende che  può essere difficile criticare chi non ha il coraggio di affidare alla strada i propri figli, soprattutto se giovanissimi. Ma non ci si può esimere dal far notare particolari comportamenti e atteggiamenti che tradiscono, in ogni caso, la particolarità dell’italiano medio.

Va bene accompagnare i figli a scuola con l’auto, ma è da folli farlo fino davanti al cancello o al portone, è da sconsiderati lasciare l’auto in doppia fila, aspettando che suoni la campanella, infischiandosene di chi transita per la via per i fatti suoi, per lavoro o per passeggio.

Cosa dire poi di chi arriva davanti al portone, si ferma, scende, fa scendere con calma i bambini, prende lo zaino conservato nel bagagliaio per non rovinare la tappezzeria dei sedili, aggiusta sciarpe e cappellini di lana, elargisce il bacino di rito e accompagna con lo sguardo i pargoli fino a che non hanno varcato la soglia del palazzo del sapere, incuranti della fila che si forma e dell’ingorgo inevitabile. Ma l’oscar dell’intelligenza e della civiltà non va a questo genitore, bensì a quello appresso che, andata via la vettura davanti, avanza di 5 metri, si  ferma e ripete il rito.

Ma la scena più esilarante, perché in questi casi è meglio ridere anche perché la legge non permetterebbe altri comportamenti, è quando piove: tutti accalcati davanti al portone, ombrelli aperti (quello proprio e quello del bambino con l’effige dell’uomo ragno o di Patty), bloccando l’uscita degli alunni che non possono nemmeno passare. Tutto questo fino a che, uno ad uno, non si incontrano nonna e nipotino, mamma e figlioletto, e, attraverso l’inestricabile giungla di ombrelli grondanti, riescono ad andare via, possibilmente a togliere l’auto in doppia che impedisce alla povera commessa del negozio accanto alla scuola di poter andare tranquillamente a casa per pranzare.

Questi comportamenti tradiscono l’essenza e la realtà della questione: anche se si vivesse in un paese immaginario, senza loschi figuri, senza criminalità, senza auto in strada, non si potrebbe lasciare il bimbo ad affrontare vento, freddo, pioggia, anche perché, spesso, sono stati abbondanti vento, freddo e neve che lo stesso bimbo ha goduto durante la settimana bianca. il troppo storpia !

Principe di Chitinnon

 

 

 

 

 

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