DESTRA, SINISTRA

E se davvero le distinzioni classiche della politica, fra sinistra e destra, fra progressisti e conservatori, non avessero più tanto senso? Se quelle differenze, sulle quali abbiamo basato una parte consistente della nostra identità, avessero perso molto del loro appeal e si fossero ridotte a vuote categorie di comodo, completamente prive di contenuto e solo piene di posizioni, di vantaggio e di interesse?

L’analisi di Diego Fusaro, giovane filosofo marxista (lui direbbe marxiano), è impietosa: destra e sinistra parlano oramai la stessa lingua, praticano le stesse strategie di fondo, partecipano alla stessa missione: garantire il mantenimento dell’assetto geo-politico sotto il segno del capitale finanziario.

Da qui deriva una necessità: declinare le tre sfere in cui si articola l’azione, l’economia, la politica e la cultura.

L’economia è declinata a ”destra”, con la sua totemica religione dei mercati e l’assunzione di un paradigma fatale per i diritti: la liberalizzazione dei movimenti di denaro, la trasformazione della persona in individuo e poi di questo in imprenditore di se stesso. Vale a dire il neo-liberismo.

La politica è sempre più declinata al “centro”, con le logiche delle larghe intese che hanno come obiettivo l’eliminazione di ogni differenza, intanto e soprattutto attraverso l’eliminazione del “diverso” . E’ il pensiero unico.

La cultura è declinata a “sinistra”, verso la liberazione del soggettivo prima che siano create le condizioni per una reale liberazione. Una cultura che pratica la santificazione dei diritti, ma lascia che questi agiscano completamente dentro l’economia neo-liberista, senza la protezione di una politica che ammorba il dibattito con le sue vuote formule.

Destra e sinistra diventano funzioni di una complessiva strategia di incapsulamento dell’esistente, sotto l’egida di un principio: non c’è niente fuori! Non c’è niente fuori del capitalismo.

 

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