DALLA “RIVOLUZIONE” DELLE PAROLE ALLA CONCRETEZZA DEI FATTI

Le parole del titolo sono del portavoce della corrente “Nuovo corso” del PD siciliano, quella in cui militano personaggi come Capodicasa e Crisafulli. Franco Piro ha parlato, alla fine di un incontro ennese della corrente, di “svolta nel Governo della Regione non è più rinviabile”, con una nota che preme sull’acceleratore del rimpasto, manifesta dissenso per il rinvio della direzione di lunedì e sollecita una definizione del caso-Magofono. “Occorre superare la logica della navigazione a vista, cominciando ad affrontare le emergenze, con una strategia che dia una prospettiva alla Sicilia e ai siciliani”.

Toni abbastanza decisi, di chi non è disponibile a sconti o revisione di accordi già stabiliti.

Ma anche Rosario Crocetta sembra intenzionato a cedere poco o niente: già subito dopo gli incontri con Lupo, nel pomeriggio di domenica avrebbero avuto un altro colloquio, a Tusa, ha messo un paletto quasi invalicabile, riaffermando l’esigenza, più volte condivisa dal partito, che eventuali designazioni di deputati debbano prevedere le dimissioni da parlamentare, un modo come un altro per tentare di eliminare dalla partita buona parte dei pretendenti. 

Nella mattinata di domenica esce fuori il post su facebook che appare come una dichiarazione di guerra, riportato in altra parte del giornale.

In sintesi Crocetta afferma: “pur di tenere un posto di potere non sono disposto a ogni mediazione. Io sono stato eletto per fare la rivoluzione, rappresento non solo la mia coalizione ma i siciliani, che si aspettano fatti concreti. Abbiamo avviato una rottura e lo racconterò con i nostri pizzini. Adesso io dovrei consegnarmi. Non chiedono un armistizio, ma una resa. Una resa nella quale non c’e’ un dibattito democratico, un programma, si parla solo di imposizioni nei confronti del presidente. Ma un presidente che si fa imporre le cose che presidente è? Io non lo stimerei, e siccome non mi stimerei neppure io, mi dissocio personalmente da questo presidente. Il presidente rimane sempre Rosario Crocetta, eletto dai siciliani, con le sue scarpe da tennis, col suo zainetto e con il megafono sotto al braccio. Dirigente del Pd ma non servo di qualcuno. Sono disponibile ad avere solo un padrone, il popolo sovrano, che giudicherà se ho fatto bene o male. Se avrò fatto bene mi premierà, se avrò fatto male mi punirà. Questa è la democrazia e questo è Rosario Crocetta”.

Occorre dire che il post non ha suscitato gli entusiasmi forse auspicati, è stata, di più, un’occasione per i siciliani di ribadire al Presidente le aspettative rivoluzionarie di cui tanto si parla ma che stentano ad emergere dalla foschia dell’attività di governo.

Come andrà a finire il bracco di ferro fra Crocetta e il PD non è dato sapere, ma non si può evitare di notare come anche i sostenitori di Crocetta chiedano, a gran voce, interventi concreti.

Facciamo allora un po’ il punto su quelle che sono le critiche mosse al Presidente della Regione Siciliana.

Aveva cominciato Pietrangelo Buttafuoco, a fine luglio, sul Fatto quotidiano, secondo cui la Sicilia si era ridotta a impostura. 

Bugia della rivoluzione, della vittoria contro le torri del male e le città della mafia, mirabolanti dichiarazioni ad effetto come quelle contro Alitalia, per poi mettere le ali all’AST, che da disastrata azienda di trspoti pubblici dovrebbe trasformarsi in società di navigazione aerea, così come la zucca si trasformò in carrozza per Cenerentola.

Buttafuoco si scaglia sulle scelte di cacciare Franco Battiato, l’assessore al Turismo, per sostituirlo con la propria segretaria, critica l’annuncio da Giletti di  aver sciolto le province, quando torna a Palermo e raddoppia il tutto nominando commissari di sua fiducia, poi  tutti disperati perché hanno visto svuotarsi le casse e non sanno come pagare gli stipendi ai dipendenti e, passato agosto, non hanno idea di come aprire le scuole. 

Buttafuoco chiude vedendo quella gestualità pronta all’annuncio, quella foga propria dei venditori di medicina per i calli,  che non riescono a trattenere, nei suoi capelli, neri neri e finti finti, quel ciuffo che gli scatta dalla chierica ed è Pappagone, Crocetta. E’ il Pappagone di Sicilia.

Se quella del Fatto poteva sembrare una reprimenda sullo stile del quotidiano, ben diversa è stata la reazione per l’articolo di Aldo Grasso sul Corriere della Sera:  “Ci sono politici che hanno trasformato la loro bocca in megafono. È il caso di Rosario Crocetta, presidente della Regione Sicilia; ogni occasione per vantarsi è buona”. 

E siccome al “Corriere” non accade mai nulla per caso, forse era giunto il momento di dichiarare definitivamente conclusa, la fase dell’adorazione incondizionata della stampa nazionale per quello che sembrava un nuovo modello d’amministrazione e che invece si sta sempre più trasformando in un clamoroso bluff.

Oggi il repertorio delle critiche a Crocetta è assai corposo: l’inoperosità e l’inefficacia del governo Crocetta sono stigmatizzate da sindacati come Cgil e Cisl, da associazioni come la Confcommercio siciliana, dai rappresentanti di varie associazioni di categoria. 

Il governatore ha bruciato il credito insolito e unico in Italia del Movimento cinque stelle. Il capogruppo dei grillini, pochi giorni fa, sedeva persino, in occasione di una conferenza stampa, accanto agli uomini del centrodestra siciliano. Quei deputati rappresentavano la bellezza di 43 parlamentari dell’Ars. Quasi la somma necessaria per sfiduciare il presidente. 

E a quelli, al netto delle prese di posizione ufficiali, possono essere serenamente aggiunti esponenti della maggioranza come i crisafulliani e i renziani del Pd, esponenti dell’Udc, e tra qualche settimana, anche qualche esponente dei nuovi gruppi sorti a sostenere l’ormai fragile trincea del presidente. 

Sui giornali si legge: “questa terra è la stessa che ha eletto per la prima volta un governatore di sinistra. E che sette, otto mesi fa, inneggiava al presidente del cambiamento. Salvo accorgersi che, tra una denuncia e l’altra, tra una legge spot contro la parentopoli e qualche finta riforma, tra qualche viaggio a Roma e qualche acquisto buono per il Megafono, il presidente ha dimenticato di parlare di sviluppo. E di lavoro. Spacciando ai siciliani, nella migliore delle ipotesi, la mitologia vetusta della “mafia ovunque” e quella postmoderna della macchina mediterranea e dei pullman volanti”.

Duro il commento di Palazzotto di SEL: «mentre ogni giorno istituti di ricerca e associazioni di categoria comunicano nuovi allarmanti dati sulla situazione economica e sociale della Sicilia, il governo regionale sembra attento esclusivamente all’occupazione dei posti chiave del potere nell’Isola. Uno spettacolo indecente lontano anni luce dalle reali esigenze dei siciliani». 

Si potrebbe non credere ma poi si vanno a vedere le trattative per il rimpasto e si ha la sensazione che forse le critiche non arrivano a sproposito.

Ma non è storia di ora: sin dall’inizio, Crocetta ha cambiato di continuo, quattro capi di gabinetto e una serie di collaboratori che gli sono stati vicino durante l’esperienza da europarlamentare a Bruxelles, alti burocrati come Patrizia Monterosso, nominata segretario generale della Regione,  già direttore generale dell’assessorato alla Formazione professionale ai tempi di Cuffaro, e anche capo di gabinetto dell’ex governatore Raffaele Lombardo, ma anche vice Presidente dell’Irfis, senza dire che il marito di Patrizia Monterosso risulta essere consulente del Consorzio Autostrade siciliane (CAs), della società che si occupa dei precari (Multiservizi), del 118 siciliano (Seus), ed è attualmente commissario dell’Aran.

Non si contano le nomine di personaggi che gravitano nell’orbita di Confindustria siciliana, big sponsor di Crocetta, e legatissima a quello che in Sicilia definiscono il «governatore ombra», ovvero Beppe Lumia: all’Irfis finisce un uomo di Confindustria, Rosario Basile, presidente vicario degli industriali di Palermo, candidato alle politiche in quota Udc, sempre in quota “industriali” vengono considerate le nomine a Presidente dell’Irsap di Alfonso Cicero, di Dario Lo Bosco, già presidente dell’Ast, commissario della Camera di Commercio di Catania. 

Alla lista dei nominati vanno poi aggiunti i «trombati» delle recenti elezioni politiche e delle regionali dell’ottobre del 2012. Così a Maria Rita Sgarlata, nelle liste del Megafono al Senato, è stato assegnato l’assessorato ai Beni culturali. A Giuseppe Antoci, altro componente delle liste del movimento crocettiano per Palazzo Madama, qualche settimana fa gli è stato conferito l’incarico di Presidente del Parco dei Nebrodi. Mentre Francesco Calanna, ex parlamentare regionale fra le fila dei Ds, e sostenitore alle recenti consultazioni politiche del Megafono, è stato piazzato all’Esa, ente di sviluppo agricolo. Sebastiano Gurrieri, nostro conterraneo, uno fra i primi a scegliere il Megafono, e già candidato alle regionali dell’ottobre del 2012 fra le fila del movimento crocettiano, è stato destinato alla Camera di Commercio di Ragusa. Stessa sorta per uno come Luigi Bosco, ex Presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Catania, anch’egli candidato alle regionali fra le fila del Megafono, oggi fresco Commissario delle Terme di Acireale.

La lista delle nomine continua continua e raccoglie nove commissari provinciali, e 17 supermanager della sanità isolana. Anche queste nomine rispettano il comandamento «di vicinanza» al governatore o al suo stretto giro. E dall’altro impediscono alla Regione Sicilia di «voltare pagine», così come ha ripetuto più volte il governatore Rosario Crocetta. 

Qualcuno, forse, ha ragioone di lamentarsi.

Albus Silente

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