DAL DIBATTITO… ALLA PROPOSTA

L’avvicinarsi delle festività ha fatto si che un argomento oggetto di una querelle mai risolta tra i sostenitori della sacralità del giorno della festa e le esigenze del commercio ritornasse brutalmente in primo piano.

Gli argomenti da una parte e dall’altra sono noti e spaziano da questioni di principio e di coscienza a meri argomenti di calcolo economico.

La disputa è vissuta in modo molto intenso e coinvolge con interessi (almeno apparentemente contrapposti) intere categorie: commercianti, commessi, consumatori, con riverberi diretti sulle famiglie e sugli stili di vita del nostro contesto sociale.

Ho una mia opinione sull’argomento, ma riconosco che è frutto, come molte di quelle che sono sul tappeto, di una impostazione ideologica e in quanto tale capisco che verrebbe percepita come una tesi “contro” pertanto mi censuro perché non aiuta a risolvere il problema, la ricerca di una soluzione accettata da tutti non può essere percepita come una “ferita” ai propri interessi o alle proprie opinioni, ma deve farsi carico dei diversi punti di vista; ciò nonostante credo che comunque si possa convenire che la situazione ha preso una deriva che alla fine danneggia tutti senza dare risposte a nessuno.

Premetto che voglio dare per assodato e assolto l’obbligo di riconoscere il riposo settimanale del lavoratore che gode tra l’altro come le ferie di tutela costituzionale (Benigni si è fermato all’ 12, speriamo che a seguire parli pure dell’art. 36), cosa che  non è scontata e che purtroppo sicuramente non è vera per chi gestisce in proprio l’esercizio (sono anch’essi lavoratori!).

L’anno scorso ho assistito con stupore all’apertura dei centri commerciali nel giorno dell’Epifania e della Pasquetta … solo per limitarmi al livello economico sarei curioso di conoscere l’incasso di quel giorno rispetto alle spese di gestione (senza voler parlare del sacrificio personale e familiare sia dei commercianti che dei loro dipendenti) … ha avuto un senso questo?

A mio avviso non si può prescindere da una regolamentazione della materia che razionalizzi il comparto e nel contempo non crei il problema di “azzoppare” la concorrenza dei centri commerciali creando aperture a macchia di leopardo che favoriscano centri commerciali con normative locali più tolleranti rispetto ad altri; questo, per quel che sento, è il principale argomento che ha portato ad una escalation abnorme nel numero delle giornate di apertura festive.

 Allora la proposta è quella di calendarizzare a livello regionale una quota “ragionevole” (non certo le feste più sentite ne quasi tutte le domeniche come è ora) di aperture festive che metta tutti gli attori di questo problema (i commercianti che  vogliono assecondare la “moda” dei consumatori di acquistare, o almeno non vogliono essere “danneggiati” da altri commercianti che aprono, e le famiglie degli operatori che hanno bisogno di “incontrarsi” almeno durante il “giorno di festa”) in condizioni di non essere ciascuno controparte dell’altro, altrimenti non se ne verrà mai fuori!

In questo campo peraltro la politica invece di lasciare la risoluzione al dibattito sindacale, o di categoria, o religioso, dovrebbe farsi carico del problema perché è l’ambito più idoneo alla mediazione degli interessi in conflitto di tutti gli attori.

                                                                                             

 

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