CRISI, RISCATTO E NUOVAMENTE CRISI DEI VINI DOLCI ITALIANI

 

Dal dopoguerra la società italiana è profondamente cambiata. La progressiva scomparsa della società rurale a favore della vita urbana ha modificato anche l’atteggiamento degli italiani nei confronti del vino. Sono stati soprattutto i vini dolci a subirne il maggiore impatto. Se nella società rurale il vino dolce possedeva un valore di pregio, all’ospite gradito era sempre offerto un bicchiere di vino dolce, nella società urbana esso perde progressivamente l’interesse dei consumatori.

I motivi sono stati vari, ma indubbiamente, oltre alla moda e alla pubblicità avviata ormai verso i vini secchi, non si può nascondere che i vini dolci italiani in passato erano prodotti ossidati, torbidi e difettosi. Ovviamente questi problemi di vinificazione erano dovuti alle conoscenze primitive in materia di enologia, alle scarse condizioni igieniche e alle attrezzature inadeguate di vinificazione. Inoltre, spesso non era possibile neanche sapere con certezza la provenienza di questi vini, nè tantomeno l’uvaggio utilizzato. Erano semplicemente vini dolci, chiamati genericamente vini santi.

A danneggiare maggiormente la produzione italiana di vini dolci, si aggiungeva l’enorme ritardo dell’Italia rispetto ad altri paesi europei. In zone come Porto in Portogallo e Bordeaux in Francia già si producevano celebri vini dolci nettamente superiori. I pochi consumatori italiani di vini dolci, quando potevano, volgevano la loro attenzione ai vini stranieri.

La svolta per l’Italia verrà solo quando finalmente si introdurranno nel paese metodi di vinificazione moderni, in un primo momento solo per i vini secchi e solo in un secondo momento anche per i vini dolci, ritenuti ancora vini di poco interesse. La comparsa nel mercato di vini siciliani, quali il Passito di Pantelleria, la Malvasia delle Lipari e il Moscato di Noto, avvierà la riscossa dell’Italia in questa tipologia di vini, che, vinificati finalmente con accortezza, attireranno l’attenzione dei consumatori stranieri e italiani.

Che la rinascita del vino dolce italiano nascesse dal sud ha un motivo logico. Il mercato estero, da sempre più attento ai vini dolci, era abituato a vini, indubbiamente eleganti e spesso superiori, ma certamente totalmente diversi dall’esplosione di sapore e di carattere che proponevano i vini dolci siciliani. Era la comparsa di un prodotto diverso, che nulla aveva a che fare con un Sauternes, non solo per le caratteristiche organolettiche, ma anche per il prezzo. I vini siciliani dolci si presentavano certamente cari rispetto ai vini dolci fino ad allora prodotti in Italia, ma nettamente economici rispetto ai vini dolci blasonati dell’estero.

La posizione di pregio che oggi possiedono queste DOC siciliane, si consolidò grazie a un abbinamento riuscito con il cibo. Mentre in Italia era usanza abbinare i vini dolci con le portate dolci, all’estero imperava la tradizione francese di abbinare con questi vini i formaggi e i paté. Un abbinamento classico, infatti, era ed è tutt’oggi Sauternes e formaggi erborinati. Questo abbinamento presenta però un lieve difetto. Essendo il Sauternes un vino ottenuto da uve colpite da muffa nobile, questa caratteristica si somma allo stesso carattere ammuffito dei formaggi erborinati, lasciando così una scia fortemente amara a fine degustazione. La persistenza, la dolcezza e il corpo del Passito di Pantelleria lo resero un ottimo tampone per l’amaro. È’ diventato così per una certa frangia di consumatori il compagno ideale per i formaggi erborinati, proprio perché, a differenza del Sauternes, il Passito di Pantelleria non lascia la scia amara.

Purtroppo, dopo un iniziale periodo florido, i vini dolci italiani passano nuovamente per un periodo, se non proprio di crisi, certamente difficile. Soprattutto il consumatore italiano sembra poco interessato a questi vini e gli è incomprensibile il motivo del grande divario di prezzo che possono presentare due diverse etichette appartenenti a una stessa DOC. Questo perché effettivamente il vino dolce richiede una maggiore attenzione nelle degustazione e non è raro non percepire differenze organolettiche in vini dove invece il divario di prezzo è ampiamente evidente.

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