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Corruzione, la Procura chiede rinvio a giudizio per l’assessora Amata. Opposizioni all’attacco: “Schifani si dimetta”
18 Nov 2025 22:51
PALERMO – Chiesto rinvio a giudizio per l’assessora regionale al Turismo, Elvira Amata (Fratelli d’Italia), una richiesta che scuote nuovamente il governo siciliano e apre un fronte politico sempre più acceso. I sostituti procuratori Andrea Fusco e Felice De Benedittis, della Procura di Palermo, hanno depositato la richiesta al Gup, ipotizzando il reato di corruzione in concorso con l’imprenditrice Caterina “Marcella” Cannariato, moglie dell’imprenditore Tommaso Dragotto.
Al centro dell’inchiesta, ora circoscritta a due episodi in un contesto unico, vi sarebbe un presunto scambio di utilità tra l’assessora e l’imprenditrice: l’assunzione del nipote di Amata da parte della società A&C Broker Srl, amministrata dalla Cannariato, in cambio, questa l’accusa, del sostegno istituzionale dell’assessorato a un evento promosso dalla Fondazione Marisa Bellisario.
L’ORIGINE DEL CASO: L’ASSUNZIONE DEL NIPOTE E IL FINANZIAMENTO ALL’EVENTO
Secondo la ricostruzione della Procura, l’assessora avrebbe “sponsorizzato” l’iniziativa “Donna, Economia e Potere”, edizione 2023, indirizzando un finanziamento pubblico da 30 mila euro grazie a un decreto assessoriale del 25 ottobre 2023. In cambio, l’imprenditrice avrebbe assunto Tommaso Paolucci, nipote di Amata, nella propria società per un periodo compreso tra settembre 2023 e marzo 2024.
Non solo: gli inquirenti contestano anche il presunto pagamento delle spese di alloggio del giovane, ospitato presso la struttura ricettiva Leone Suite B&B per un totale di 4.590,90 euro più Iva. Elementi – intercettazioni comprese – che la Procura ritiene sufficienti per configurare un patto corruttivo.
L’udienza preliminare è stata fissata per il 13 gennaio, davanti al Gup Walter Turturici.
LA DIFESA: “NESSUN PATTO, SOLO UN AIUTO UMANO”
Elvira Amata respinge le accuse, definendosi «serena» e «fiduciosa nel lavoro della magistratura». Davanti ai pm, l’assessora ha spiegato di aver chiesto un sostegno per il nipote profondamente provato dalla morte prematura della madre, e che la richiesta sarebbe maturata in un contesto di «cordialità» e non come contropartita di un atto istituzionale.
Gli avvocati Giuseppe Gerbino e Sebastiano Campanella sottolineano l’assoluta autonomia del decreto di finanziamento: l’evento della Fondazione Bellisario, sostengono, «presentava requisiti di rilevanza nazionale e piena meritevolezza». Un atto amministrativo, affermano, che non sarebbe stato condizionato da nessun interesse personale.
IL TERREMOTO POLITICO: LE OPPOSIZIONI CHIEDONO LA TESTA DI FDI E LE DIMISSIONI DI SCHIFANI
La richiesta di rinvio a giudizio ha scatenato reazioni immediate e durissime dalle opposizioni all’Assemblea regionale. Al centro delle proteste, l’accusa rivolta al presidente della Regione Renato Schifani di usare “due pesi e due misure”.
Il capogruppo del M5S all’Ars, Antonio De Luca, va all’attacco:
«Schifani non può essere moralizzatore a corrente alternata. Applichi a Fratelli d’Italia lo stesso metro usato con gli assessori della Democrazia Cristiana, oppure deve chiedere il permesso a Roma? Estrometta subito gli assessori meloniani e un minuto dopo si dimetta».
Per De Luca, la maggioranza Schifani sarebbe ormai segnata più dagli indagati che dai risultati: «Non ci sono più le condizioni per andare avanti. Abbia un sussulto di dignità».
Dello stesso tenore la reazione del segretario regionale del Pd, Anthony Barbagallo:
«Con l’assessora Amata indagata e rinviata a giudizio, anche Fratelli d’Italia deve uscire dalla giunta. Vale anche per loro ciò che Schifani ha detto sui cuffariani rimossi, pur non indagati. Si dimetta e liberi l’Isola da questa cappa di clientele di cui è il principale responsabile politico».
A rincarare la dose è anche Ismaele La Vardera, deputato di Controcorrente:
«Un’assessora che gestisce fondi pubblici e ha una richiesta di rinvio a giudizio per corruzione non può restare al suo posto. Schifani la rimuova subito e poi si dimetta. La sua squadra di governo fa acqua da tutte le parti».
Non solo opposizioni: già ieri i vertici nazionali del Pd, con in testa la segretaria Elly Schlein, avevano chiesto un passo indietro del governatore.
UN CASO CHE SI INSERISCE IN UN QUADRO PIÙ AMPIO
L’inchiesta su Amata non è l’unica a scuotere il palazzo. La Procura di Palermo ha ormai separato i filoni che riguardano la Regione e quelli che investono l’Ars, dove anche il presidente Gaetano Galvagno è sotto indagine in un altro procedimento per ipotesi di corruzione.
Il clima politico è dunque incandescente. Il caso Amata rischia di diventare la miccia di una crisi più profonda nella coalizione di governo, già segnata da tensioni interne e da una serie di scossoni giudiziari.
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