CORPI INTERMEDI, QUALI PRIVILEGI?

L’ultimo semestre dell’anno scorso è stato contrassegnato dalle bordate del Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, contro i corpi intermedi (sindacati dei lavoratori dipendenti e associazioni di categoria) e, da quello che abbiamo visto e sentito, la partita l’ha vinta il Presidente del Consiglio, sfiorando la rissa.

 

Il premier ha raggiunto l’obbiettivo del ridimensionamento del ruolo di intermediazione dei corpi intermedi, è stato uno dei suoi cavalli di battaglia, affermando che, tra i tanti motivi della bassa crescita del nostro Paese c’era proprio il potere di veto delle corporazioni esercitato con la funzione della concertazione.

L’analisi ed il ragionamento unilaterale del Presidente Renzi, si è alimentato con il costruire le debolezze dei sindacati e delle associazioni, accusate genericamente di poco rappresentare i propri iscritti e di coltivare una visione della società ormai fuori registro e di aver chiuso le porte all’innovazione.

Le affermazioni di Renzi avrebbero dovuto far vedere, quest’anno, il guadagno della deregolamentazione, avrebbero dovuto far vedere alle piccole e medie imprese ed al ceto medio un Pil scoppiettante.

 

Mentre, per come sono andati i destini economici del Paese e, per come stanno andando, il Presidente Renzi non ha potuto mostrare né sviluppo economico, né la ripresa economica, insomma non gli è stato possibile e così non ha potuto incassare i frutti della sua campagna politica di scontro con il Sindacato italiano sia dei lavoratori dipendenti che autonomi, appunto con i corpi intermedi.

 

Quindi, per come recita un vecchio detto, ha scosso l’albero ma non ha raccolto le mele; inoltre, la sua base elettorale non si è ingrandita.

 

I lavoratori dipendenti iscritti al sindacato ed i lavoratori autonomi associati, ma anche i lavoratori e le imprese non iscritte, non si sono certo avvicinati elettoralmente a Renzi, anzi una parte di essi ha cominciato a sostenere, nei sondaggi, la scelta dell’astensionismo elettorale ed altri si sono via via avvicinati al qualunquismo.

 

Dall’introduzione delle liberalizzazioni prima (lenzuolate bersaniane), dalla fine della concertazione e del dialogo dopo, il Pil non ha guadagnato anzi, anno dopo anno esso è diminuito.

Tutto questo è stato anche determinato dalle continue chiusure delle piccole e medie imprese, provocate da un mercato non regolamentato.

 

I panificatori ed i lavoratori autonomi, sino ad oggi non vedono risultati concreti arrivare dall’Europa e dal Governo nazionale ed intuiscono, sempre di più, che le misure di garanzia e di protezione sono indirizzate verso la grande distribuzione e le banche; quest’ultime non sostengono il Sistema delle pmi che a causa della crisi non riescono a soddisfare i parametri di affidamento.

Sembra che tutto il sistema di valutazione sia stato costruito per concorrere alla eliminazione fisica delle pmi. Eppure il comparto è la spina dorsale del Paese, la continua chiusura delle pmi provocherà il dissesto definitivo della nostra Nazione.

 

Infine, non si dica che le pmi vorrebbero riacquisire dei privilegi attraverso i sindacati e le associazioni datoriali compiacenti.

Ma di privilegi per le imprese non ve ne sono più, da più di un decennio.

I panificatori e Assipan Sicilia hanno chiesto all’Assemblea Regionale Siciliana di legiferare su una regolamentazione delle aperture domenicali e festive, attraverso una turnazione condivisa e non vincolante con le amministrazioni comunali e, per questo, sono stati accusati di voler tutelare interessi di bottega e di voler restaurare un clima di privilegi.

 

Assipan Sicilia, lotta per far ottenere quella dignità ormai perduta, per i lavoratori della panificazione, concetto che viene chiesto a gran voce da moltissimi, autonomi e dipendenti.

 

I privilegi,  sono una prerogativa della corporazione dei politici, diritti acquisiti, vitalizi, rimborsi spese, costi e nessuna rinegoziazione sul “contratto” di lavoro.  

 

I privilegi dei panificatori, nulla.

 

Allora. Chi detiene i privilegi?

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