CONTRO NOI STESSI

Hollande dichiara lo stato di guerra, il giorno dopo aver finito di contare le salme e aver disposto ingenti bombardamenti a ipotetiche basi dell’Isis in Siria. Assad, dal canto suo, richiama il presidente francese a “occuparsi degli affari interni la politica francese”. Insomma, i bombardamenti non sono statti graditi. Dal canto loro, Obama si è fatto paladino della guerra al terrorismo islamico e Putin, dopo avergli stretto la mano, ben ricorda al collega statunitense che tra i finanziatori del Califfato islamico vi sono molti paesi che hanno osservato la loro stretta di mano in occasione dell’ultimo G20.

Insomma, gli strascichi degli affari internazionali in corso da decenni si evolvono, e sconvolgono, alla velocità della luce e dopo aver contato gli ennesimi morti, civili.

Oltre tutte le letture politologiche opponibili all’attuale panorama geo politico internazionale, si vogliano sposare le teorie più complottiste o quelle più generaliste, non può negarsi che la paura c’è, si sente, la si sente addosso e rende inermi, impotenti e volutamente inconsapevoli.

Una volta le guerre scoppiavano perché si uccidevano i Re o i capi di Stato o, in alternativa e in ogni caso, l’occidente era il malvagio colonizzatore di paesi lontani, avido di oro, diamanti o metalli necessari alla costruzione di micro chip per video registratori. Nel giro di neanche uno scoppio di dita abbiamo smobilitato la geopolitica di Africa e Medio Oriente per accaparrarci  quei pozzi petroliferi che, come si è dimostrato, rifocillano le tasche dell’Isis. 

Pochi illuminati avevano previsto le conseguenze della Guerra nel Golfo che anche il giovane Bush aveva intrapreso in nome di Dio, questa volta non islamico. Per la prima volta si era aperto il dubbio che quello dell’11 settembre 2001 era stato un massacro di civili disposto dal governo per legittimare un intervento militare. Nessuna bomba di distruzione di massa si trovò nell’Iraq di Saddam Hussein, ma un fertile terreno di proliferazione per la sete di vendetta di etnie da anni contrapposte. sistuazione non dissimile nel resto del continente medio orientale e nord africano, tante rivolte, le famose “primavere arabe”, apparentemente sorte dalla volontà di auto determinazione dei loro popoli ma che, al contrario delle illusorie aspettative, hanno portato all’ascesa dei Fratelli Musulmani, partito vicino l’integralismo, allo sbando totale della Nazione Libica e alla rivolta contro Assad.  In questo trambusto internazionale l’Isis ha iniziato la sua inarrestabile avanzata nell’indifferenza delle potenze occidentali che, anzi, ne hanno delegato la lotta al solo popolo curdo, già di sé dilaniato dagli egoismi di Erdogan e disseminato in quattro diversi Stati, tra Iran, Iraq, Siria e Turchia, e in misura minore in Armenia. Uomini, donne, ragazzi e ragazze, anziani e anche bambini coinvolti nella lotta civile per contrastare l’avanzata dei terroristi del Califfato Islamico.

Perché l’occidente ha atteso due anni e vari attentati prima di intervenire direttamente nel contrasto alla dichiarata nuova cancrena terroristica? Perché si è lasciato impadronirli del controllo del petrolio iracheno, che venduto al mercato nero, e non, costituisce la prima fonte di finanziamento di Abu Bakr al-Baghdadi?

Da qualunque prospettiva la si voglia guardare ciò che lascia basiti è quanto poco siamo considerati e ci consideriamo in quanto uomini: che siano i capi di stato delle nostre nazioni a decretare le nostre morti arbitrarie per legittimare interventi militari, stati polizieschi o ritorni a nuovi totalitarismi o che siano fanatici psicopatici e disperati, inzuppati di droghe e fomentati da beceri ideali nascosti da credi religiosi a decidere se puoi morire a un concerto, giusto quella sera di distrazione che ti sei concessa, una volta tanto tra mille passate relegata a casa su libri e ricerche.

Quale che sia la verità, che si svelerà oppure no, davvero non contiamo nulla?

Forse, l’unica differenza che possiamo fare, in questo caotico e confuso mondo di opposti, è che se domani dovesse essere la nostra ora dobbiamo andar via sapendo di aver fatto il meglio possibile. partiamo dal non essere come loro, come nessuno di loro, non nascondendo dietro falsi ideali scopi di puro lucro, non lucrando sulla vita umana, di chicchessia, non disponendo per gli altri e non giudicando le vite altrui, non alimentando guerre false e maligne perché l’odio non può mai generare bene, per nessuno e mai. 

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