Ho perso mio padre il 5 dicembre scorso, a causa del Covid-19 e questo, per me e tutta la mia famiglia, sarà un Natale molto doloroso, anche se bisogna sempre fare spazio nel proprio cuore al Bambino, che si è fatto uomo per noi.
Il motivo per cui le scrivo riguarda proprio la nostra triste vicenda familiare, ma vuole essere testimonianza di quanto sia importante e fondamentale svolgere il proprio lavoro con amore e passione.
Ho accompagnato mio padre al Pronto Soccorso dell’Ospedale Maggiore di Modica lo scorso 2 novembre, pensando che il suo malessere fosse dovuto a tutt’altra cosa e, invece, è risultato positivo al tampone, trasferito in zona grigia e, durante la notte, ricoverato nel reparto di Malattie infettive. Fin dall’inizio il quadro clinico si è presentato abbastanza complicato, a causa della sua difficoltà a respirare autonomamente: desaturava e, quindi, veniva aiutato prima con la maschera di Venturi e poi con il venturimetro (che gli procurava molto fastidio e dolore). L’unico fattore positivo era l’assenza di febbre, che accendeva una speranza perché tutto potesse risolversi per il meglio. Si è anche tentata la strada dell’infusione di plasma iperimmune e devo dire che in concomitanza c’è stato un leggero miglioramento, tanto che era tornato alla maschera di Venturi e ad alimentarsi autonomamente. Purtroppo, il 2 dicembre le sue condizioni sono regredite e i medici il giorno dopo hanno disposto il suo trasferimento al Giovanni Paolo II di Ragusa, per evitare una corsa contro il tempo, nel caso in cui fosse stato necessario un suo ricovero in rianimazione. Il 5 dicembre, dopo 34 giorni di lotta contro questo maledetto virus, a seguito di sopravvenute complicazioni, ha avuto un arresto cardiaco e lo abbiamo perso senza poterlo vedere, abbracciare e confortare.
L’aspetto peggiore è proprio questo: in tutto l’arco di tempo della sua degenza in ospedale, oltre alla sofferenza fisica, ha dovuto subire la mancanza della nostra presenza, del nostro affetto e la solitudine ha preso il sopravvento. Lui, che nei 53 anni di matrimonio non si era mai separato da mia mamma né notte né giorno, in quanto lavoravano anche insieme, ha dovuto lottare senza di lei.
Devo dire, però, che c’è stato chi è riuscito a stargli accanto e alleviare almeno in parte questa sua sofferenza: mi riferisco a tutto il personale del reparto di Malattie infettive dell’Ospedale Maggiore di Modica ed è questa la motivazione della presente.
Tutti sono riusciti a creargli attorno un clima familiare: non hanno avuto cura di lui solamente dal punto di vista clinico, ma lo hanno coccolato e hanno cercato di compensare la nostra assenza, sia con le parole che con i gesti. Si sono affezionati a lui e sono divenuti la sua seconda famiglia. Durante le videochiamate, che partivano sempre dal cellulare del reparto, quando ritenevano fosse il momento più opportuno, e anche durante le numerosissime chiamate, che partivano dal mio per conoscere le condizioni di papà, ho sempre percepito tanta umanità e delicatezza non soltanto verso di lui, ma anche nei nostri confronti, che eravamo a casa impotenti e in attesa di avere notizie.
Anche papà, prima di salire in ambulanza per andare a Ragusa, ha ringraziato tutti per quello che avevano fatto per lui ed è stata la sua gratitudine e anche la nostra che, nel momento in cui lui ci ha lasciati, ci ha suggerito di effettuare una raccolta da destinare all’acquisto di quanto potesse essere necessario per il reparto. La risposta da parte di parenti e amici non si è fatta attendere ed è stata particolarmente generosa, per cui contiamo a breve di consegnare quanto concordato durante l’incontro, avvenuto lo scorso 16 dicembre, con il Direttore Sanitario, dott. Bonomo, con il Primario, dott. Davì e la sua equipe.
Nonostante l’epilogo di questa nostra vicenda, che purtroppo ci accomuna a tante altre famiglie, desidero rinnovare il mio ringraziamento più affettuoso al primario, dott. Davì, al dott. Gebbia, alle dott.sse Boncoraglio, Falco e Roccaro, al caposala sig. Claudio Sortino, agli operatori sanitari e agli infermieri e cito in particolare la sig.ra Jessica ( di cui non conosco il cognome), che è stata l’ultima ad accudire papà, lo ha accompagnato in ambulanza, gli ha tenuto la mano e ha parlato con lui durante il tragitto, cercando di tranquillizzarlo.
Mi è stato risposto che questo è il loro lavoro e il loro dovere, ma le assicuro che, se non avessero messo il “cuore”, tutto ciò non sarebbe stato possibile.
Concludo ringraziando anche lei per il tempo che mi ha dedicato, leggendo questa mail e mi scuso per essermi dilungata, ma ho ritenuto opportuno che venisse a conoscenza della professionalità e dell’umanità delle persone che lavorano nell’azienda che lei dirige, anche per scongiurare i luoghi comuni della “malasanità”.
Auguro a lei e famiglia di trascorrere un sereno Natale e un buon anno nuovo, nella speranza possa essere migliore di quello che volge al termine.
Cordiali salut”.
Graziella Iaconinoto e tutta la famiglia del sig. Santino Iaconinoto di Ispica.