CITTADINI, PARTITI, ISTITUZIONI TRA CLIENTELE E TRASFORMISMI

I partiti dovrebbero essere il raccordo tra la Società e le Istituzioni.  Sono le Istituzioni che nella “triangolazione” vengono penalizzate. Le Istituzioni dovrebbero avere “voce” e ciò significherebbe dare loro una autonoma forza che li ponga al riparo dall’invadenza dei partiti per dare garanzia e ripristino di sovranità al Cittadino e di legalità all’azione pubblica. Così si eliminerebbe l’intreccio estremamente perverso tra politica e società.  Le Istituzioni sono occupate dai partiti e viene meno la loro funzione. In ambito locale  un esempio emblematico e paradigmatico del corto circuito Istituzionale è quello al quale stiamo assistendo sull’istituzione del Parco degli Iblei e del piano paesaggistico dove le Istituzioni- partito-sindacato contrastano l’azione delle istituzioni regionali derivante da obblighi di legge e non  esitano a capovolgere la realtà privilegiando interessi particolaristici a danno del bene comune.  L’Italia Repubblicana si è trasformata in una partitocrazia proprio a causa della assenza delle Istituzioni pubbliche.

Queste ultime da controllori del potere dei partiti sono diventati terreno di occupazione dei partiti e dei sindacati. Il “gioco” pertanto sta nel coacervo di interessi tra partiti, sindacati e società che hanno prodotto la totale mancanza di “senso delle istituzioni”.  Non a caso ho citato anche i sindacati che hanno una funzione simile ai partiti per ciò che riguarda una parte fondamentale della società che è la parte produttiva. Questi “strumenti” di mediazione e di raccordo tra società e istituzioni sono diventati soggetti di potere per il potere finendo con l’avere un esercizio monopolistico e pervasivo del potere producendo un regime di partitocrazia dove il rapporto simmetrico Cittadino-Stato è stato sostituito dal perverso Partito-Cittadino. Nei primi anni ’90 tale condizione del paese deflagrò ed emerse pubblicamente con l’inchiesta di mani pulite e la conseguente destrutturazione del sistema partitico tradizionale. La speranza di un vero rinnovamento della politica e di una diversa classe politica è stata purtroppo vana. 

Il sistema politico aveva ipocritamente addossato la “responsabilità” al sistema elettorale dando in pasto all’opinione pubblica che i troppi partiti erano “dannosi” e che il sistema maggioritario avrebbe risolto i problemi della partitocrazia perché avrebbe ridotto i partiti e, soprattutto, avrebbe permesso ai cittadini di scegliere i loro rappresentanti.  Sul sistema elettorale è come affermare che è  “l’abito che  fa il monaco”  e sulla scelta dei propri rappresentanti sappiamo tutti come è finita. In Italia, oggi, l’eletto lo scelgono i maggiorenti dei partiti e non più i cittadini/elettori con l’aggravante che si sono rideterminati i collegi elettorali e mentre prima i collegi coincidevano con i territori provinciali e quindi si poteva avere una rappresentanza più specifica del territorio con il nuovo sistema, più partitocratico, abbiamo visto che nei collegi ampi (es. Sicilia è divisa alla Camera tra Sicilia 1 e Sicilia 2 che divide la Sicilia orientale e occidentale comprimendo di fatto le piccole realtà come Ragusa, Enna ecc.) è possibile catapultare i “nominati”. Nelle ultime elezioni Nazionali le segreterie romane in Sicilia hanno nominato mogli, figlie, assistenti e segretari della nomenclatura nazionale.

Tutti i sondaggi dicono che vi è un elevato grado di sfiducia dei Cittadini verso i partiti, i sindacati,  la politica in generale dando così il senso dello scostamento abissale tra società e partiti che spesso vengono assimilati alle istituzioni. Queste conclusioni però le ritengo anche fuorvianti perché presuppongono l’esistenza di una società-comunità.  Sono sempre stato convinto che non potrebbe esistere un sistema partitico “vizioso”  in una società “virtuosa”. In una società sana e quindi eticamente orientata e civicamente organizzata i mafiosi, corrotti, corruttori, i delinquenti comuni non sarebbero mai  arrivati in parlamento e ai vertici dello Stato e anche quando eccezionalmente ciò fosse avvenuto gli “anticorpi “ delle Istituzioni avrebbero fatto da garanzia per espellere l’”anomalia”. Non è il sistema elettorale e quindi il “metodo” che cambia il sistema. La prova è che il sistema maggioritario Inglese ha dato continuità istituzionale da oltre 3 secoli ma anche il sistema Tedesco proporzionale con soglia di sbarramento ha consentito ad un paese sconfitto ed umiliato per le mostruosità naziste di risalire la china e di essere tra i paesi economicamente più forti al mondo. In Germania però un leader  della statura di Kohl e con tutti i meriti acquisiti (a cominciare dall’unificazione delle due germanie) si è dimesso e ritirato dalla politica senza subire tra l’altro alcun processo o condanna per una vicenda di fondi neri che aveva coinvolto il partito nemmeno lui direttamente.

Pochi mesi fa  il Presidente della Repubblica tedesca che era stato rieletto da pochi mesi si è dimesso al ritorno dalla visita di stato in Afganistan e  perché aveva detto che “gli Stati (e quindi anche la Germania) democratici combattono le guerre  per dare democrazia ma al contempo perseguono anche i loro interessi”. Dichiarazioni gravi ma vere (ma la verità evidentemente non bisogna dirla) ed hanno prodotto in quella società una reazione indignata. I tedeschi si sono offesi che il loro Presidente dicesse che agiscono “anche per interessi”, è fuori dalla loro logica  e il Presidente non ha esitato un attimo a ritornare in patria e ritirarsi a vita privata. In altri Paesi si sente forte il “fiato” dei Cittadini perché forte è il senso delle Istituzioni e forte è l’identità civica  e il senso di appartenenza Nazionale. In Italia si è instaurato ciò che alcuni studiosi come Hermet hanno definito “Parlamentarismo di facciata o fittizio”. Già nell’Italia unita questo regime presentava due elementi : il trasformismo a livello Istituzionale e il clientelismo a livello societario. Il trasformismo è la tattica parlamentare più efficace in una società largamente clientelare. Il fatto che il trasformismo portasse il clientelismo al cuore dello Stato è di grande rilevanza per lo sviluppo politico dell’Italia unita. Si conferì una sorta di legittimazione alle clientele, si incentivò l’affarismo italiano portandolo alla sua istituzionalizzazione.

Acqua passata? direi “acqua” mai passata ! Anzi, In questi ultimi anni,  vi è una forte recrudescenza di questi fenomeni. Alcuni esempi genericamente considerati di frammentazione partitica ma nei fatti di trasformismo puro. Nella vita il cambiamento è legittimo e può anche essere segno di onestà e libertà. La cartina al tornasole in politica è quando si cambia per acquisire ciò che non si ha, lasciare in sostanza una posizione di non potere per acquisirne una di potere ! Già con il governo Prodi si formarono su input del capo dell’opposizione Berlusconi degli “strumenti” ad usum delphini impropriamente chiamati partiti es. Rinnovamento Italiano di Dini , i tanti partitini di Mastella, dei vari De Gregorio, Mantini, Bordon, ecc. in questi altri due anni e ½ di governo Berlusconi Carlo Giovanardi ha lasciato l’Udc per fondare i “popolari liberali” pro Berlusconi e così diventa il Sottosegretariato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Francesco Pionati lascia l’Udc e fonda  Alleanza di centro, lui che aveva votato la fiducia a Prodi si “converte” a Berlusconi in chiave anti Udc. Vincenzo Scotti dopo il passato di potere democristiano si candida con l’Mpa, malgrado la “nomina” non entra in Parlamento e l’Mpa lo premia facendolo diventare Sottosegretario agli Esteri poi anche lui si “converte” a fonda “Noi Sud” e così mantiene Sottosegretariato. Storace abbandona An e fonda la destra.

Tutti questi “partiti” sono stati in questi giorni “privilegiati” dalla visita o “benedizione” telefonica del presidente del Consiglio vero ed unico ispiratore delle “conversioni”. Di queste ore la fondazione di un nuovo “partito” da parte di Italo Tanoni già legale rappresentante del simbolo di Rinnovamento Italiano di Dini, poi dei Liberaldemocratici sempre con Dini e adesso (anche lui)  per aiutare Berlusconi (sempre lui) ha annunciato che sta fondando un nuovo partito di centro.  Il presidente della Camera nel frattempo ha fondato la “terza gamba” del Pdl con un partito non partito (si dice e non si dice) denominato FLI (Futuro e Libertà). Un caso a sé, in termini ancora camaleontici e trasformisti, lo merita la Sicilia.  La Sicilia del 61 a zero. Gianfranco Miccichè che in questi due anni ha tessuto le lodi di Lombardo e del governo Lombardo ed ha proferito frasi impronunciabili contro i maggiorenti siciliani del suo stesso partito adesso ci dice che siccome è “da tempo che cerca qualcuno meglio di lui ma finora non l’ha trovato” si candida ad essere  “il prossimo governatore della Sicilia” e dopo avere fondato il Pdl Sicilia, poi il Pps (Partito del popolo Siciliano) adesso propone la Lega sud . Nel frattempo un altro partito si affaccia all’orizzonte, altra costola dell’Udc. Un partito fondato da Cuffaro, Drago, Mannino ecc. ispirato sempre dal capo del governo nazionale che in attesa del Partito della Nazione transitoriamente  potrebbe chiamarsi Udc ( Unione dei Condannati).  Si dà per certa l’attribuzione di qualche Sottosegretariato.

E’ chiaro quindi che non valgono le alchimie dei sistemi elettorali per creare la buona politica. Non c’entra il sistema bipolare o bipartitico o proporzionale per “bonificare” la politica. E’ l’orientamento all’agire politico che fa la differenza tra la Politica e il malcostume, tra la Politica e i professionisti della Politica. Il problema da sempre non sono i mezzi ma i fini (non mi riferisco ovviamente al Presidente della Camera uscito da 16 anni di letargo sule tante leggi ad personam ). In democrazia dovrebbe essere determinante la domanda politica (gli elettori, i loro valori, i bisogni collettivi) e invece è diventata determinante l’offerta (la comunicazione, gli attori politici, le sigle partitiche, gli schieramenti). Dalla destrutturazione dei partiti tradizionali nei fatti sono nati solo due veri Partiti. Non partiti-azienda, non partiti nati dalla fusione o dall’assemblaggio di partiti precedenti, non sigle nuove con gli stessi naviganti, non partiti personali anche se con una forte leadership. Due partiti  per certi versi antisistema  riescono con modalità diverse a rappresentare istanze e bisogni popolari: la Lega e Italia dei Valori.  La Lega spinge sulle istanze territoriali e inventandosi ciò che non esiste né geograficamente né politicamente né storicamente: la Padania,  ha costruito un partito che è  fortemente presente in una parte del Paese  ed è organizzato come i tradizionali partiti di massa con i suoi riti, la sua organizzazione, l’identità, il senso di appartenenza e sta modificando l’assetto Istituzionale spingendo  per una riforma fortemente federalista ma purtroppo esalta anche le tendenze egoistiche e razziste della società.  Italia dei Valori sempre più partito organizzato e diffuso e strutturato territorialmente su tutto il Paese che ha fatto della legalità, del lavoro  e del cambiamento radicale della politica il proprio cavallo di battaglia.

Il cambiamento del Paese avverrà non quando si ridurranno i partiti o aumenteranno i partiti ma quando nella società il movente di tutte le attività sociali non sia il desiderio di potere e l’azione tesa all’utilità personale e lì sarà possibile ripristinare la corretta triangolazione fra società, partiti e Istituzioni e i Cittadini eleggeranno e giudicheranno i propri rappresentanti sulla base delle virtù e non nella prevalenza dei vizi. I partiti che hanno un ruolo essenziale in democrazia devono svolgere il ruolo di mediazione e di controllo senza coincidere con quelli che essi dovrebbero controllare facendo inceppare il sistema come adesso in Italia.   In questa prospettiva le Istituzioni si riappropriano del loro ruolo diventando veri garanti e propulsori dello sviluppo della società stessa. L’idea del controllo reciproco tra esecutivo e legislativo (e la non interferenza dell’uno con l’altro) e del ruolo distinto e distante del potere giudiziario e tra i poteri stessi è ciò che consente il raggiungimento del punto di equilibrio del sistema.

Così la democrazia riesce a “lavorare”, a produrre concretamente il “buon governo” sia in termini di efficacia che di “virtù” quando uno dei “poli” cerca di rompere o corrompere o controllare l’altro polo l’equilibrio salta. Ecco perché un potere legislativo controllato dal capo dell’esecutivo o un potere legislativo nominato e non eletto sono una aberrazione. In Italia, a tutti i livelli centro-periferia, assistiamo ad  un cortocircuito e la “frammentazione partitica” alla quale stiamo assistendo è solo una tappa del desiderio di potere di cui parla B.Russell  e lotta incessante del potere di cui parla Max Weber. Sullo sfondo, drammaticamente e pericolosamente,  il declino etico e culturale delle diverse “società” Italiane che vengono alimentate nelle paure e tenute nel bisogno dai loro rappresentanti divenuti istituzioni. (Giovanni Iacono)

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