CIPRO NON SI FA METTERE LE MANI IN TASCA DALL’EUROPA

Il secco NO dichiarato questa mattina da Cipro alla Troika (UE, Fondo Monetario e Banca Centrale Europea) sulla proposta di un piano di salvataggio pari a dieci miliardi, prelevando dai conti correnti 5,8 miliardi di euro, presuppone alcune brevi ma logiche considerazioni. La prima è che questa responsabile, secondo alcuni, presa di posizione del Parlamento cipriano dimostra il fallimento dell’Ue, direttamente monetaria senza prima essere politica, e della dottrina europea secondo Germania. Indice del fatto che c’è un forte bisogno di un assistenzialismo puntuale per quei paesi all’interno dell’Europa che arrancano a stare al passo delle locomotive dell’Eurozona come sono Germania e la più responsabile Inghilterra. La seconda notazione riguarda la pervasività dei mercati contro il disordine dei governi nazionali dei singoli stati membri dell’Unione. Nella tendenza centripeta di rendere indentità e competitività alla Comunità Economica Europea manca una consolidata e condivisa e comune Linea Politica Europea che deficita la competitività. Per riuscire a sanare la situazione generale dei singoli stati in modo da essere una identita economica consolidata e solida, appetibile per gli investitori, è necessaria una discussione politica comunitaria che rimetta in discussione l’euro e che accordi i conti e le esigenze dei singoli stati. La terza, conseguenza delle prime due, mette in luce la debolezza del Gigante Economico Europeo che sarà costretto comunque ad aiutare Cipro, che pesa solo lo 0,2% del PIL complessivo Europeo, fondamentalmente per paura dei mercati. Per rimediare ai crolli degli stati membri sui mercati azionari. Ieri per l’euro raggiungeva la quotazione minima degli ultimi tre mesi sul dollaro mentre le borse uropee chiudevano in rosso, Milano -1,59 e Madrid -2,20 punti percentuali. Uscire dall’Euro potrebbe sembrare una sensata soluzione, visto come stanno le cose, ma in visione di un commercio ed uno scambio di beni e servizi sempre più globalizzato rifuitare una moneta unica di scambio per zona provocherebbe disastri nel breve periodo non di poco conto. Almeno per come stanno messi i conti dei singoli stati Europei, al netto della locomotiva Germania anch’essa indebitata e alla saggia Inghilterra che ha conservato la propria moneta fin dall’inizio. Emettere obbligazioni, ristrutturare le banche e attrarre investimenti sono i tre ingredienti cipriani per risollevare le sorti dell’isola. 

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