CINQUANT’ANNI DOPO

 L’anno era il 1963, un anno apparentemente come gli altri, in quella stagione di passaggio che fu  il lustro che va dal 1960 al 1965. Una stagione-ponte fra i castigati anni ’50 e i lisergici ultimi anni dei sixities.

Quell’anno accaddero molte cose, tutte più o meno importanti, ma tre eventi sembrano riassumere al meglio la contraddizione del lustro, che poi sarebbe passata, strisciante, nel periodo successivo e fino alla metà del decennio seguente.

A marzo di quell’anno uscì il primo album dei Beatles, Please please me.  E con esso iniziava una rivoluzione della musica popolare e del costume senza precedenti: nasceva la cultura giovanile;  si imponevano modelli comportamentali, della moda, della sessualità in aperta rottura col passato.  Un fatto musicale che rappresenta, nell’immaginario storico, un salto, una “emergenza” culturale dalle infinite sfumature. Si annuncia e si declama l’idea che da lì in avanti tutto sarà possibile.

Nell’agosto successivo Martin Luther King, apostolo afro-americano della non violenza,  pronuncia – davanti a 250.000 persone riunite a Washington – il celebre discorso conosciuto come “I have a dream”. Un canto formidabile, accorato, sulla improrogabilità di un processo di emancipazione delle genti di colore nella violenta e razzista America di quegli anni. Un grido di amore, dignità e civiltà che non si contrapponeva ma si integrava perfettamente alla voce fondamentalista di Malcom X. Ancora una volta: tutto sembrava possibile.

Quasi al volgere della fine, l’anno si chiude con il martirio di John Fitzgerald Kennedy, figlio cattolico di una ricca dinastia irlandese, che si era distinto per le sue contraddittorie politiche, fra missili contro Cuba, l’inizio della missione suicida in Vietnam e una scoperta (e per lui pericolosa) apertura al tema dei diritti civili e dell’uguaglianza etnica. Un evento, quello della morte di Jack, che annunciò al mondo come la realizzazione del possibile sarebbe stata sempre meno possibile, e sempre più bloccata in uno scontro duro, frontale, che si sarebbe traferito dal mondo americano a quello europeo, con esiti conosciuti e sofferti.

Come non ricordare l’incredibile sequenza di golpe che partì subito dopo: nel ’64 il Brasile, nel ’67 la Grecia dei colonnelli, nel ’73 il Cile, nel ’76 l’Argentina.

La stagione del possibile. La stagione del terrore.

 

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