CHIESA, DENARO E (IM)POTERE

Sembra quasi una sindrome tafazziana: il M5S esiste (e governa la nostra Città!) grazie al vuoto politico lasciato dal fallimento dei partiti tradizionali, eppure la cosa che sembra riuscirgli meglio è il farsi bersagliare dalle critiche, persino per latenti contestazioni interne, come nel caso di oggi.

Intendiamoci: ritengo che le parole del Consigliere Dario Gulino siano assolutamente deplorevoli per la forma politically incorrect che suona inadeguata, controproducente e intrisa di luoghi comuni (oltretutto, leggendo le sue stesse repliche, ci sono espressioni a mio avviso ancor più stridenti di quelle contenute nel post iniziale, come:-“(…) non si sono mai saputi i guadagni della mafia e quanti beni ha…. figuriamoci se possiamo sapere questo sulle chiese (…)”- oppure – “(…) Confessione? E con chi dovrei confessarmi? Con un peccatore come me? Con un bestemmiatore? Con un pedofilo? Con un mafioso? Con un pervertito? E quanto costa la confessione? Mi faranno la fattura? (…)”); tuttavia, probabilmente egli voleva soltanto esprimere nei modi che evidentemente gli sono più congeniali il proprio malessere nei confronti della pratica di elargire denaro pubblico alla Chiesa Cattolica. Un parere opinabile, criticabile nella forma, ma assolutamente legittimo nella sostanza, come vuole la democrazia.

Forse tale malessere non è casuale, del resto persino Papa Francesco non ha mancato più volte di stigmatizzare certe situazioni esecrabili attraverso le parole e il suo stesso stile di vita: si pensi alla sua scelta di alloggiare presso la Casa di Santa Marta e, per contro, alle polemiche sull’attico del Cardinal Bertone… Tuttavia, qualcuno dovrebbe spiegare al Consigliere Gulino non solo che a volte la forma inficia la sostanza, ma anche che prima di generalizzare, occorrerebbe conoscere bene i fatti.

L’Ufficio Diocesano per i Beni Culturali di Ragusa conserva un progetto per la fruizione delle chiese che porta anche la firma del sottoscritto, non andato ancora in porto a causa di una obiezione laconica quanto significativa pervenuta direttamente dalla CEI che intende avallare le sue più recenti direttive: quelli che per tanti sono dei tesori di immenso valore artistico, per la Chiesa Cattolica e per suoi i fedeli sono “solo” dei luoghi adibiti al culto, con tutte le esigenze del caso che vanno dall’accesso rigorosamente gratuito, al mantenimento dell’ordine, della pulizia e del decoro. Tutto ciò comporta delle limitazioni e dei costi che – per inciso – ricadono sulle spalle delle singole parrocchie, le quali spesso gestiscono più edifici di culto, con tutte le complicazioni del caso, tra le quali – non dimentichiamo! – la vigilanza affinché i beni custoditi all’interno non vengano danneggiati o trafugati. Più a lungo un edificio rimane aperto al pubblico, più aumentano i costi, il tutto senza poter contare neppure sugli introiti di un eventuale biglietto di ingresso.

D’altro canto, proprio per il valore artistico che taluni di questi edifici religiosi detengono, tale da farne un attrattore turistico primario, la valorizzazione a tal fine è interesse di chi amministra la cosa pubblica, non fosse altro che per le ovvie ricadute positive sull’economia del territorio, che riguardano non solo i devoti di fede cattolica, ma anche quelli di altre confessioni religiose e persino gli atei.

Già, perché sulla fruizione ai fini commerciali degli edifici di culto possono guadagnarci (e ci guadagnano!) tutti, e da questo punto di vista i quarantacinquemila euro investiti da un’Amministrazione che governa una Città patrimonio U.N.E.S.C.O. per l’Arte Tardo-Barocca del Val di Noto, che proprio nel patrimonio architettonico religioso trova tra le sue più alte espressioni, rischia persino di essere una cifra risibile (è appena il costo lordo annuo di due lavoratori a tempo pieno…), ma evidentemente su questo aspetto il Consigliere Gulino non ha riflettuto abbastanza.

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