È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
CHI SONO LE VITTIME?
20 Gen 2013 11:03
Un’amica mi scrive che alcuni suoi conoscenti, leggendo ciò che noi scriviamo, non riescono ad “intenerirsi”… La loro riflessione è lecita e lineare “ Come mai nessuno dei detenuti che scrive hanno parole di scuse per quello che hanno fatto? Parlano solo della loro sofferenza e quella che hanno inflitta agli altri? Nei loro scritti, c’è la ferma convinzione che sono loro ad essere le vittime!”
Tutto sommato penso che anch’io la penserei allo stesso modo se fossi nella “barricata opposta”, ma non mi limiterei soltanto ad esprimere il mio pensiero, ma vorrei sapere il perché di questo vittimismo. Qual è il modo giusto per far sentire colpevole una persona? Cercherò di fare un esempio con un piccolo racconto. Un delinquente si intrufola in un magazzino dove si trova della frutta stipata nelle cassette, pronta per il mercato. Vista la possibilità dell’ampia scelta, inizia a rovistare, non curante dei danni che sta facendo, mettendo tutto sotto sopra. In quel momento, viene scoperto e nel cercare di fuggire, resta impigliato nel filo spinato. Il proprietario, consapevole di avere ragione, inizia a bastonare il ladro, ormai inerme e pieno di ferite. In quel preciso momento, il delinquente inizia ad essere una vittima; la pena inflitta dal proprietario, non fa altro che aumentare la rabbia di chi sta subendo, di chi sa, in quel momento, di essere una vittima. Adesso cambiamo solo il finale di questa storia infantile. Il proprietario si avvicina al delinquente, impigliato nel filo spinato che ha dilaniato le carni del malcapitato, non lo bastona, anzi lo aiuta a liberarsi. Lo perdona e gli fa capire che a causa sua subirà delle perdite. Il delinquente, ormai libero, scappa ma mentre fugge, sensazione nuova, comincia a sentirsi in colpa per i danni fatti. Torna indietro e aiuta il proprietario a risistemare tutto. Morale? Beh… spero sia evidente! La nostra condanna è quel filo spinato che ci lacera le carni, ma siamo stati noi a “impigliarci”; quello che chiediamo, alla società esterna, che smetta di darci addosso. Se continuano a “picchiarci”, con quale pretesa, si può anche pensare che possiamo sentirci in colpa, se sotto i colpi, non possiamo fare altro che sentirci vittime? Aiutateci ad uscire da quel filo spinato e ci aiuterete a sentirci in colpa, perché solo smettendo di essere delle vittime, possiamo davvero cercare di rimediare a ciò che abbiamo commesso. Quando si dice che i detenuti meritano di morire in carcere, non si sta forse alimentando una violenza estrema? Augurarsi la morte, anche solo sociale, di un altro essere umano, può mai essere segno di civiltà e giustizia? Se mi sento una vittima? Non, non mi ci sento, sono una vittima e lo sarò fin quando sarò, una volta fuori, emarginato dalla società benpensante, perché è come stare nel filo spinato. Io però sono capace di perdonare e Voi?
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