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C’era una volta il Caciocavallo
06 Dic 2010 22:06
Conosciuto in passato come caciocavallo, dal 1996 è Ragusano DOP, in riferimento alla zona di produzione. Probabilmente il nome di caciocavallo gli veniva dato per il metodo di stagionatura a cui veniva sottoposto: a cavallo di un asse. Un altro termine con cui è conosciuto è “scaluni”, per la tipica forma che lo contraddistingue: un parallelepipedo a sezione quadrata con gli angoli smussati.
Questo formaggio è uno dei più famosi dell’isola e conta diverse fonti storiche che annoverano la sua esistenza già nel 1500. In un testo di Carmelo Trasselli, datato 1515, viene citato in proposito a uno scambio commerciale con Tripoli. Da allora a oggi, il Ragusano DOP ha modificato le sue dimensioni. Se nei primi anni del Novecento il suo peso non superava gli otto chili, con la maggiore richiesta del prodotto, soprattutto dal mercato statunitense, si raggiunsero nel primo dopoguerra i diciotto chili, ma oggi come prevede il disciplinare il peso non supera i sedici. Già durante il Ventennio si assistette a un progressivo aumento del peso delle forme, poiché invalse allora la consuetudine di pagare con prodotti agricoli, piuttosto che con denaro, l’affitto delle terre. In questo modo ci si avviò verso un progressivo decadimento qualitativo del caciocavallo, poiché l’unica preoccupazione del produttore era raggiungere i quintali di formaggio concordati con il proprietario.
Il Ragusano è un formaggio grasso a pasta filata, ottenuto da latte vaccino intero e coagulato con caglio di agnello e/o capretto. Oggi il Ragusano DOP si produce non solo con la razza Modicana molti produttori ricorre anche ad altre razze come la bruna, la frisona e la pezzata rossa. L’esigenza di allevare altre razze è sostanzialmente dovuta al fatto che la modicana non produce una grandissima quantità di latte e, quindi, per soddisfare la richiesta dei mercato, il disciplinare ha permesso l’uso di latte proveniente da altre razze, purché siano allevate allo stato semibrado.
La modicana è una razza poco produttiva per quanto riguarda il latte, ma questo prodotto ha una grande attitudine per essere trasformato in formaggio. La vacca modicana, una razza che rimane sempre a rischio di estinzione, ha come punti di forza la grande resistenza e la rusticità che la rendono particolarmente adatta a pascolare in terreni difficili.
Il disciplinare di produzione circoscrive la produzione del ragusano all’intera provincia di Ragusa e ai comuni siracusani di Noto, Palazzolo Acreide e Rosolini. Questo prescrive anche l’alimentazione delle mucche: essenze spontanee ed erbai dell’altopiano Ibleo, eventualmente affienati.
La salatura avviene immergendo le forme in salamoia all’incirca tanti giorni quanto è la pezzatura, in seguito il formaggio matura in appositi ambienti (oggi quasi tutti climatizzati) legato a coppie con delle funi su travi di legno. La stagionatura dura da un minimo di tre mesi a otto mesi, ma può prolungarsi oltre un anno. Il disciplinare prevede un massimo del 6% di cloruro di sodio sulla sostanza secca e dopo analisi effettuati a campione (da parte degli ispettori dell’Organismo di Controllo Corfilac) i lotti che superano questi livelli di sapidità non ottengono la denominazione “Ragusano” e il prodotto viene posto in commercio come comune formaggio a pasta filata dopo che ne sono stati i marchi (retinatuira).
La crosta ha color giallo oro; qualche macchia tendente al marrone si verifica con la stagionatura. La pasta è color giallo paglierino, compatta. Il sapore è dolce e vagamente aromatico, ma, con il procedere della stagionatura, acquisisce note piccanti e allo stesso modo la pasta, da compatta che era, riscontra qualche fessura.
Per le forme destinate a una lunga stagionatura è prevista la cappatura con olio d’oliva. L’affumicatura, prevista dal disciplinare come azione facoltativa ma normalmente non praticata, può essere effettuata solo con procedimenti naturali e in tal caso il prodotto deve riportare in etichetta la dicitura “affumicato”.
È bene ricordare prima di acquistare il formaggio che vi sia la scritta “Ragusano” bene impressa sulla crosta di due lati del parallelepipedo, controllare la presenta della matrice di caseina verde con stampato un codice univoco e dal quale si può ricavare la tracciabilità della forma e che infine vi sia la presenta sulla faccia principale di due il marchi a fuoco “Ragusano DOP”; questa marchio a caldo viene apposto solo dopo che il prodotto ha completato la stagionatura e dopo attento controllo di verifica della qualità su ogni singola forma (operazione svolta da esperti ispettori dell’OdC Corfilac) prima questa venga messa in commercio. Qualsiasi altro formaggio a forma parallelepipeda mancante anche di uno delle suddette indicazione non può essere venduto con la denominazione “Ragusano DOP” pena la frode in commercio con sanzioni abbastanza “salate”. Si consiglia di conservare il Ragusano, così come tutti formaggi in genere, nello scomparto meno freddo del frigorifero e di toglierlo un’ora prima da questo prima di consumarlo, in modo che possa liberare i suoi profumi.
Un abbinamento tutto territoriale può essere: un frappato con un semistagionato di quattro mesi, mentre un Cerasuolo di Vittoria ricco di morbidezza può controbilanciare la piccantezza di un ragusano stagionato per oltre sei mesi.
(Giuseppe Manenti)
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