CELLULE “AVATAR” PER STUDIARE ALCUNE PATOLOGIE MENTALI

Sulla più illustre rivista scientifica di genetica, Nature Genetics, è stato pubblicato uno studio importantissimo che ha confermato definitivamente che è possibile riprogrammare le cellule umane fino ad uno stadio di staminali pluripotenti e che queste possano fungere da  modello per studiare molte patologie di origine genetica tramite un approccio del tutto innovativo.

Spiega il dr. Giuseppe Testa, professore di biologia molecolare all’Università di Milano e direttore del Laboratorio di Stem Cell Epigenetics all’Istituto Europeo di Oncologia:

«Le staminali diventano “avatar” delle patologie più svariate, come Parkinson, Alzheimer, schizofrenia, diabete, sclerosi multipla. Grazie alle cellule riprogrammate, infatti, si possono analizzare in vitro i meccanismi molecolari di una malattia e testare nuovi farmaci . Tutto su tessuti altrimenti inaccessibili, come le cellule cerebrali» (disease modeling).

In questo studio, in particolare, i ricercatori hanno fatto crescere in laboratorio  una replica (avatar) dei diversi tessuti e organi umani provenienti da pazienti malati di autismo e sindrome di Williams, una malattia che comporta un ritardo mentale paragonabile alla sindrome di Down.

Sono state scelte queste due malattie per la loro specularità legata ad una alterazione della quantità di geni che determina le due patologie.

«In particolare, si è osservato che un numero relativamente piccolo di geni [nelle cellule umane ce ne sono circa 30mila, nda] ha una grande influenza su un aspetto estremamente importante della salute umana, la comunicazione. Nel caso dell’autismo, i 26 geni sono duplicati – e i malati presentano gravi difficoltà di comunicazione con il mondo esterno; nel caso della sindrome di Williams, i 26 geni mancano e i pazienti sono ipersocievoli».

I ricercatori hanno riprogrammato le cellule della pelle in staminali tramite una “rivisitazione” del metodo del prof. Yamanaka, (vincitore del Nobel 2012 per la Medicina), “resettando” le cellule mature allo stato originario facendo loro esprimere geni che normalmente sono attivi nelle fasi di staminali. Poi si son fatte differenziare le staminali pluripotenti in tessuti della corteccia cerebrale (che sarebbero accessibili altrimenti solo in vivo e solo dopo la morte dei pazienti).

«La nostra analisi ha mostrato che uno dei 26 geni in più o in meno, il GTF2I, già candidato a essere il gene chiave nei disturbi causati da autismo e sindrome di Williams, interagisce con una proteina, l’LSD1, a sua volta nota per essere coinvolta nell’insorgenza di diversi tipi di tumore».

 

«Abbiamo scoperto che la proteina prodotta da questo gene interagisce con un importante regolatore epigenetico: è una di quelle proteine che regolano il DNA non direttamente, ma modificando l’impalcatura biochimica in cui è avvolto. Si è anche visto che, inibendo la proteina LSD1, si ripristina il corretto funzionamento di alcuni importanti circuiti molecolari. Si apre così la strada all’uso di questi inibitori farmacologici anche nell’autismo e più in generale nelle malattie mentali».

Utilizzando proprio questi neuroni ottenuti dalla riprogrammazione di cellule cutanee di pazienti con sindrome di Williams ed autismo sarà possibile ora “spammare” in vitro uno «screening» farmacologico di nuovi composti teoricamente illimitato, cosa prima impensabile da attuare su soggetti vivi … con inimmaginabili e straordinarie possibilità di individuazioni terapeutiche.

 

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