Caso Mare Jonio: questo mercoledì udienza preliminare e “scorta di solidarietà” per accompagnare gli indagati al Tribunale

Anche domani, alle 9, concentramento in piazza San Giovanni per la “scorta di solidarietà” promossa da Cgil Ragusa per accompagnare i 7 indagati del cosiddetto caso Mare Jonio; una ‘passeggiata’ per accompagnarli all’ingresso del Tribunale di Ragusa dove sono attesti per la terza udienza preliminare che dovrà decidere il rinvio a giudizio o meno. Pietro Marrone, Alessandro Metz (in qualità di armatore Idra Social Shipping), Giuseppe Caccia, Luca Casarini, Agnese Colpani, Fabrizio Gatti, sono accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravato dal fatto di averne tratto profitto. Marrone, Caccia, Casarini e Metz devono rispondere anche alla inosservanza di provvedimenti dell’Autorità e di irregolarità in merito al rispetto del Codice della navigazione. Geogios Apostolopoulos, tecnico armatoriale risponde di favoreggiamento ma la sua posizione è stata stralciata per  difficoltà nella notifica degli atti. Nel pomeriggio, stesso programma organizzato in occasione della scorsa udienza: assemblea pubblica nella sede della Cgil di Vico Cairoli a Ragusa con inizio alle 16 per “fare il punto sul processo ma anche per continuare ad organizzare la solidarietà e la lotta”.

L’udienza di domani

L’unico elemento certo è che – come richiesto dagli avvocati difensori, Serena Romano e Fabio Lanfranca, verrà conferito un incarico peritale ad un tecnico che avrà il compito di accertarsi che nella copia forense degli atti ci sia solo il materiale di indagine confluito nel fascicolo del Pm e che non vi sia ciò che non è rilevante ai fini della configurazione dei capi di imputazione contestati. E particolare attenzione la rivestono le intercettazioni. I difensori ritengono che nel battage mediatico ci siano aspetti che non attengono all’inchiesta Ragusana, e non sia rilevante ai fini dei capi di imputazione contestati, A margine della scorsa udienza l’avvocato Fabio Lanfranca aveva dichiarato infatti che “le difese degli indagati non conoscono le intercettazioni se non attraverso una sintesi effettuata per iscritto dalla polizia giudiziaria, sintesi dalle quali abbiamo arguito esserci registrazioni di intercettazioni, vietate dalla legge, di conversazioni con parlamentari e con i difensori stessi. Un fatto inaccettabile e gravissimo”.

Il nocciolo dell’inchiesta

L’inchiesta di Ragusa riguarda l’operazione che portò al salvataggio (secondo le difese) di 27 migranti che vennero raggiunti a bordo della Maersk Etienne al largo di Malta e trasbordati sulla Mare Jonio che poi li portò a Pozzallo. Era il settembre del 2020. Dopo qualche mese la Idra Social Shipping, società armatrice della Mare Jonio ricevette dalla Maersk 125.000 euro per “servizi resi in acque internazionali”; una operazione non necessaria e oltretutto commerciale, per la pubblica accusa. Nello specifico la tesi della Procura di Ragusa è che non vi fosse alcuna emergenza medica tale da giustificare quello che fu solo un trasbordo di migranti da una nave all’altra e non quindi un salvataggio, ma una operazione commerciale concordata prima. E’proprio sullo stato di necessità che si gioca la partita in tribunale.

Per le fonti del diritto, le norme e gli accordi internazionali, chiunque sia in difficoltà in mare deve essere soccorso e il soccorso, in quanto tale, deve comunque essere gratuito. In un altro frangente, dello stesso caso giudiziario, ovvero, quello che riguardava il sequestro del materiale acquisito nel corso delle perquisizioni agli indagati – dispositivi informatici, telefoni e documenti – i legali avevano promosso ricorso in Cassazione lamentando anche il fatto che il Riesame avesse ritenuto insussistente “la causa di giustificazione dello stato di necessità” per l’intervento a bordo della Maersk Etienne, citando gli articoli 51 e 54 del Codice penale. Sono due articoli importanti ai fini del processo perché escludono, il primo la punibilità di chi adempie ad un dovere imposto da una norma giuridica, e il secondo recita la non punibilità di “chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo”. 

Supporto, le difese sostenevano anche che nei precedenti gradi di giudizio oltre ai due articoli del codice penale, non si siano rispettati l’articolo 2, Titolo V della Costituzione, la Convenzione per la salvaguardia delle vita umana in mare Solas, la Convenzione Sar di Amburgo, la Convenzione Onu sul diritto del mare e tutte le risoluzioni derivate. I 27 migranti, argomentavano le difese, erano da 38 giorni a bordo della Maersk che li aveva salvati, erano in condizioni precarie, con cibo scarso, assenza di ripari e assistenza sanitaria e con forte stress psicofisico che aveva spinto alcuni di loro a tentare il suicidio.

Il Tribunale del Riesame aveva escluso che l’operazione di trasferimento fosse stata compiuta nell’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica, escludendo l’impunibilità prevista in questo caso. E la Cassazione non ha accolto i motivi di doglianza delle difese; sull’adempimento del soccorso in mare, precisò che “oltre ad essere obbligatorio, può essere riconosciuto soltanto a fronte della gratuità dell’azione di salvataggio”. “Nel caso di specie – aveva riassunto la Cassazione – con ampia esposizione di dati probatori di supporto, il Tribunale del Riesame ha confermato il giudizio circa l’onerosità del soccorso, non compiuto in ottemperanza degli obblighi imposti dal diritto nazionale e/o sovranazionale, ma in base ad un accordo privatistico raggiunto con la società armatoriale danese, che quindi esula dalla invocata causa di giustificazione”. 

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it