Caso ‘Mare Jonio’, a maggio verranno sentiti i primi imputati: Casarini, Caccia e Colpani

Con l’udienza dell’8 maggio si entrerà nel vivo del cosiddetto ‘caso Mare Jonio’ e della richiesta di rinvio a giudizio su cui il giudice è chiamato a pronunciarsi, cioè se mandare a processo o meno  Pietro Marrone, Alessandro Metz (in qualità di armatore Idra Social Shipping), Giuseppe Caccia, Luca Casarini,  Agnese Colpani, Fabrizio Gatti, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravato dal fatto di averne tratto profitto. Marrone, Caccia, Casarini e Metz devono rispondere anche di inosservanza di provvedimenti dell’Autorità e di irregolarità in merito al rispetto del Codice della navigazione. La settima persona coinvolta è Geoghios Apostolopoulos, è pure indagato per favoreggiamento ma la sua posizione è stata stralciata per difficoltà di notifica.  In estrema sintesi, il caso riguarda l’operazione che portò al salvataggio (secondo le difese)  di 27 migranti che vennero raggiunti a bordo della Maersk Etienne al largo di Malta e trasbordati sulla Mare Jonio che poi li portò a Pozzallo. Era settembre del 2020. E quei migranti rimasero bloccati sulla nave per 38 giorni. Dopo qualche mese la Idra Social Shipping ricevette dalla Maersk 125.000 euro per “servizi resi in acque internazionali”; una operazione non necessaria e commerciale, per la pubblica accusa. Nello specifico la tesi della Procura di Ragusa è che non ci fosse alcuna emergenza medica tale da giustificare quello che fu solo un trasbordo di migranti da una nave all’altra e non quindi un salvataggio, ma una operazione commerciale concordata prima. 

L’udienza di oggi

L’8 maggio verrà sentito il perito incaricato, Pietro Indorato, sugli esiti della attività di estrazione della copia forense. Le difese avevano fatto riferimento, ad esempio alla messaggistica che interesserebbe anche delle conversazioni ‘vietate’, non intercettabili, come quelle con difensori e con il parlamentare Erasmo Palazzotto, materiale che non può essere contenuto nella copia forense e che non può rientrare nel fascicolo del processo. Il tecnico che ha indicato in 40 giorni il termine per espletare l’incarico, avrà il compito di accertarsi che nella copia forense ci sia solo il materiale di indagine confluito appunto nel fascicolo del Pm e che non vi sia ciò che non è rilevante ai fini della configurazione dei capi di imputazione contestati. Secondo quanto dichiarato dagli avvocati Fabio Lanfranca e Serena Romano, difensori degli imputati, a fine dell’udienza che come noto di svolge a porte chiuse, il pubblico ministero, Santo Fornasier, ha prodotto “una serie di documenti da cui risulta che effettivamente non erano stati riversati degli atti nel fascicolo, tra cui appunto le registrazioni a cui non abbiamo avuto accesso” e avrebbe depositato alcuni atti che, sempre a detta delle difese “dovevano essere depositati con l’avviso di conclusione indagini” traendone la conclusione che le questioni che avevano sollevato “sono fondate”. Ma oltre agli atti depositati dalla Pubblica accusa, anche le difese hanno provveduto a produzione documentale. Si tratta di indagini difensive attraverso le quali i legali dicono che “per la prima volta in questo processo entra la narrazione effettuata in prima persona da chi ha vissuto questi fatti, il comandante della nave Maersk, chi per Maersk si è occupato di questa vicenda, oltre alle telefonate intercorse con il Comando generale delle Capitanerie di porto e che riteniamo supporti una ricostruzione di totale estraneità degli odierni imputati ai fatti contestati”. Le difese già nelle fasi dell’inchiesta, si erano lamentate del fatto che gli indagati non erano stati mai sentiti dalle autorità.

A maggio le prime testimonianze

Oltre al perito nominato dal giudice, nell’udienza in programma il prossimo 8 maggio saranno sentiti anche alcuni degli imputati. I primi tre saranno Luca Casarini, Peppe Caccia e il medico Agnese Colpani. La seduta inizierà alle 10. Oggi in Tribunale clima disteso. Il Pm uscendo dall’aula, (in una pausa di udienza in cui  il giudice era in camera di consiglio per decidere sui contenuti della copia forense prima di  incaricare il perito), si è rivolto a Casarini giusto il tempo di dire un “Buongiorno, come sta?” e di ricevere a risposta un “Bene grazie, e lei?”  L’udienza di oggi è stata preceduta dalla cosiddetta scorta di solidarietà, con Cgil e Mediterranea Saving Humans, che hanno accompagnato da piazza San Giovanni al Tribunale di Ragusa gli imputati presenti. Peppe Scifo, segretario provinciale Cgil ha rimarcato il principio dell’obbligo del salvataggio in mare criticando il decreto Cutro  “che vuole mettere sempre più in difficoltà il soccorso in mare, mentre vediamo ogni giorno aumentare il numero dei morti nel Mediterraneo”. “Lo hanno fatto diventare una fossa comune – ha detto Casarini -. Ma anche nella disperazione c’è pure tanta bellezza;  abbiamo ricordato Segen, morto nel 2018 a Pozzallo, sfinito dagli stenti;  soccorso, non è sopravvissuto. Ha lasciato le sue poesie”. Prima dell’udienza dunque, Casarini si augurava di “trovare risposte alle nostre istanze riguardanti le gravissime violazioni al nostro diritto di difesa” e puntava il dito contro “milioni di euro spesi” per l’indagine “ in un paese dove tagliano la sanità, dove moltissime persone hanno difficoltà ad arrivare a fine mese  intercettazioni pedinamenti in un luogo come Ragusa” e che potrebbero essere impiegati “per accertare responsabilità rispetto a reati gravissimi e mi viene in mente il caporalato ad esempio. Oggi speriamo ci vengano date risposte anche per capire se qui è un luogo dove al centro c’è la giustizia o c’è qualcos’altro, se c’è una vendetta o una ritorsione”. Laura Marmorale presidente di Mediterranea Saving Humans ha sottolineato “la reazione di solidarietà trasversale che in questi giorni sta vivendo in una campagna importantissima che stiamo facendo perché vediamo che è la prima risposta da dare contro la campagna del fango e questa condizione allucinante che vede indagate sette persone dell’equipaggio della Mare Jonio”. La nave Mare Jonio tornerà in mare, “tra qualche settimana, speriamo” dice Casarini. Stefania Pagliazzo, sempre per Msh , ha concluso gli interventi leggendo una delle poesie di Segen, il nomignolo che venne dato a Tesfalidet Tesfom, giovane eritreo morto qualche giorno dopo essere sbarcato a Pozzallo, ridotto ad uno scheletro dalla Open Arms che lo aveva salvato in mare. Poesie che teneva conservate nel portafoglio

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