CASO DI BIGAMIA

Qualcuno liquiderebbe la faccenda puntando il dito contro la vittoriese e pronunciando il solito e ritrito detto “Mogli (in tal caso Mariti) e buoi dei paesi tuoi”. La notizia dell’uomo tunisino denunziato per bigamia apre le porte a una riflessione più profonda e attenta. Il vero problema alle origini di fatti di questo genere è il divario tra la cultura occidentale e quella islamica.  Per gli arabi e per la loro cultura la bigamia è possibile. Il 28enne di origini tunisine che nel suo paese è andato a sposarsi con un’altra donna, sicuramente riterrà di essere nel giusto. L’art. 556 del nostro Codice Penale, però, recita: “Chiunque, essendo legato da matrimonio avente effetti civili, ne contrae un altro, pur avente effetti civili, è punito con la reclusione da uno a cinque anni…..”. Ma chi ci dice che l’applicazione di tale norma sia così semplice? E’ facile per noi giudicare un’altra cultura che come la nostra ha radici molto profonde? Per alcuni sì, ma non ci sono parole che possano essere dette a tal proposito, nessun giudizio dovrebbe partire da noi. Molte volte il silenzio sarebbe la strada migliore da percorrere. Su questa storia devono pronunciarsi solo le istituzioni e, nello specifico, la Procura della Repubblica di Ragusa.

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